I-Days Festival - Day 3
17/06/17 - Autodromo Nazionale, Monza


Articolo a cura di Mattia Schiavone

Il sole non è ancora sorto quando le prime masse di fan arrivano al Parco di Monza e iniziano l'interminabile percorso che li porterà agli ingressi della terza giornata dell'I-Days 2017. Il menù del sabato è davvero succulento: ad accompagnare tre delle band simbolo dell'ultima generazione (Linkin Park, Blink-182 e Sum 41) ci sono i giovanissimi e lanciatissimi Nothing But Thieves. Uno degli eventi principali della stagione concertistica milanese (e italiana), durante il quale l'incredibile numero di 80.000 persone ha affollato l'area concerti del Parco di Monza, sfidando il caldo torrido e passando un'intera giornata sotto il sole in attesa dei propri idoli. Una sofferenza che gli assidui frequentatori di concerti e festival conoscono bene ma che fortunatamente è stata ripagata da esibizioni decisamente all'altezza, come testimoniato dalle migliaia di facce stanche ma felici alla fine dell'estenuante giornata.

 

SICK TAMBURO


Il vero e proprio esordio della giornata, dopo il dj set che ha scaldato per bene il pubblico (per quanto non ce ne fosse bisogno viste le temperature), è affidato agli italiani Sick Tamburo. La band si è esibita davanti ad una folla già ben nutrita e bisognosa di musica, che in generale ha apprezzato la performance. L'unica nota leggermente negativa dell'esibizione è stata nella parte vocale sebbene i Sick Tamburo si siano comunque contraddistinti con ottime basi strumentali, proponendo un'alternative rock sicuramente già sentito ma comunque apprezzabile. Il giudizio finale può dirsi positivo, anche considerando il fatto che alla band, sconosciuta ai più, è toccato il compito di aprire una giornata costellata da artisti di levatura mondiale.

 

NOTHING BUT THIEVES


Dopo una pausa, durante la quale buona parte della folla si è rinfrescata sotto i cannoni ad acqua, tocca ai Nothing But Thieves salire sul palco. Il quintetto inglese ha ampiamente dimostrato il motivo del successo raggiunto in così poco tempo. L'esibizione, che è riuscita a coinvolgere buona parte del pubblico, nonostante il basso numero di veri e propri fan della band, ha presentato pochissime sbavature, sia dal punto di vista strumentale che vocale, con un Conor Mason sugli scudi, perfetto per tutta la durata del set. I brani selezionati sono per lo più estratti dal primo e unico album della band, con i singoli "Ban All The Music" e "Trip Switch" acclamati dai più. Gli inglesi hanno anche anticipato un paio di brani dal nuovo album in uscita prossimamente, tra cui il singolo "Amsterdam", e offerto un fantastico tributo a Chris Cornell, con una buonissima cover di "Cochise" degli Audioslave. Tutto il pubblico presente si è accorto della loro bravura: un'ottima prova con la quale il quintetto si è nuovamente candidato ad essere uno dei futuri grandi nomi del rock mondiale.

 

SUM 41


Inizia quindi l'attesa spasmodica per il primo grande nome di giornata: i Sum 41. La band canadese, reduce dal mini-tour da headliner in Italia di pochi mesi fa, era comunque attesa dalla quasi totalità dei fan presenti e ha ripagato le aspettative con quasi un'ora di performance esplosiva e coinvolgente. Come da tradizione, il protagonista assoluto è Deryck Whibley, che non smette mai di correre da una parte all'altra del palco (con o senza chitarra), incitando il pubblico a non finire e regalando siparietti ad ogni pausa dello show. La risposta dei presenti ha ripagato il frontman, soprattutto per i più scatenati nel pit. La band ha proposto brani da praticamente tutta la carriera e ogni singola canzone è stata cantata a squarciagola dai fan esaltati e divertiti. Fin dai primi successoni, come "Fat Lip" e "In Too Deep", passando per l'evergreen "Still Waiting", fino alle più recenti "Goddamn I'm Dead Again" e "Fake My Own Death", i Sum 41 hanno letteralmente sparato sulla folla il loro punk rock pieno di energia, comprendendo anche tutte le contaminazioni pop e leggermente metal (soprattutto in brani come "We're All To Blame"). Durante il set, l'unico momento di pausa è stato dettato da un'emozionante performance di "Pieces", presentata da Whibley come sua canzone preferita. La scelta di dedicare spazio anche a due cover ("Enter Sandman" e "We Will Rock You") si è rivelata vincente ed è stata accolta in modo trionfale dal pubblico impazzito. I Sum 41 hanno lasciato il palco dopo 50 minuti di adrenalina pura, una performance che ha intrattenuto a dovere anche chi era venuto per altri nomi.

 

sum41

 

BLINK-182


Molti erano curiosi di vedere all'opera sul palco i Blink-182 nella nuova formazione con Matt Skiba a sostituire lo storico Tom DeLonge. La lunga attesa di cinque anni dall'ultimo concerto del trio in Italia è stata ripagata con una buona performance, anche se probabilmente si è trattata della meno coinvolgente tra quelle viste in giornata. L'interazione con il pubblico è stata infatti quasi nulla e la band si è limitata a proporre brani da tutta la carriera, risultando però un po' fredda e ringraziando ogni tanto gli 80.000 di Monza. Ad ogni modo, Travis Barker non delude mai: vederlo suonare è già uno spettacolo a sé stante e sono moltissimi i brani che vengono arricchiti dai suoi pattern e fill. Mark Hoppus e Matt Skiba si sono invece alternati dietro al microfono, risultando comunque funzionali ai rispettivi ruoli. Sebbene la setlist sia stata incentrata sul nuovo "California", i brani più apprezzati sono stati soprattutto i grandi classici, gli unici a smuovere davvero il pubblico. Davvero difficile non fare centro con hit come "What's My Age Again?", "The Rock Show" e "All The Small Things".

 

blink182

 

LINKIN PARK


Nell'ultimo periodo, il rapporto tra l'Italia e i Linkin Park si è consolidato grazie a due concerti fenomenali. Se è vero che fino a pochi anni fa il nostro paese è stato snobbato dal sestetto, anche a causa delle poche presenze ai saltuari show sul suolo tricolore, l'esibizione di Milano del 2014 è stato un vero e proprio successo, rafforzato poi l'anno successivo da un'altra spettacolare data a Roma. Nonostante le critiche al nuovo "One More Light" e alla loro svolta pop, i Linkin Park sono stati accolti da una folla oceanica in modo trionfale e hanno nuovamente regalato una performance di altissimo livello, dimostrazione del fatto che la band sa bene come muoversi sul palco, risultando praticamente inattaccabile e lasciando in visibilio tutti i fan. Sarà anche vero che a livello prettamente vocale Chester Bennington non potrà tornare quello di dieci anni fa ma rimane il fatto che il frontman, sul palco di Monza, si è confermato la solita macchina da guerra. Una scheggia impazzita che, per l'ora e quaranta di esibizione, ha corso e saltato senza posa, concedendosi anche al pubblico durante l'esecuzione da brividi di "One More Light" e della versione piano di "Crawling". È stato forse questo il momento più emozionante e simbolico del concerto, in cui una moltitudine di mani di fan adoranti hanno accarezzato la testa e il volto del frontman, quasi sofferente nel cantare quel brano così sentito, raggiungendo una simbiosi totale con il proprio pubblico. Anche il resto della band si è dimostrato all'altezza delle aspettative, in primis Mike Shinoda, regista e protagonista di diverse parti dello show, sia dietro al microfono che alla tastiere o alla chitarra.

 

I Linkin Park hanno deciso saggiamente di proporre solo i brani di "One More Light" più coinvolgenti. E' innegabile che pezzi come "Talking To Myself" e "Good Goodbye", per quanto nemmeno lontanamente paragonabili ai grandi successi, nella loro versione dal vivo guadagnino qualcosa. Tra i grandi ritorni in setlist è impossibile non nominare "The Catalyst" e soprattutto la devastante "A Place For My Head", suonata nuovamente dopo l'esecuzione su richiesta di due anni fa e accolta anche in questo caso in modo da una folla osannante durante le urla del bridge. In mezzo a queste perle, i Linkin Park hanno proposto il solito mix di brani selvaggi (anche se sfortunatamente la sola canzone suonata da "The Hunting Party" è stata "Wastelands"), ballate, come la riuscita nuova versione di "Leave Out All The Rest", e singoloni come le storiche "Numb" e "In The End", durante la quale il coro dei presenti diventa assordante. A chiudere lo show, come sempre, è "Bleed It Out" con il coinvolgente duetto tra Bennington e il pubblico che sfuma in un'esplosione di suoni e luci prima che venga messa la parola fine.

 

 linkinpark


I Linkin Park si sono nuovamente imposti con un concerto da ricordare. Sono veramente poche le band di ultima generazione in grado di tenere show del genere. Dopo quasi vent'anni di carriera, la band ha preso completa consapevolezza nei propri mezzi e riesce a esprimere in maniera perfetta ed equilibrata tutte le proprie anime sul palco, dai violenti riff e scream fino ai break elettronici. Sembra quasi assurdo che due brani come "Heavy" e "Papercut" appartengano alla stessa band, ma i californiani hanno dimostrato come queste diverse attitudini possano coesistere e contribuire all'ennesima buona riuscita dello spettacolo. Non sappiamo quale sarà la prossima direzione che intraprenderanno i Linkin Park ma, a prescindere da ciò, quello di cui possiamo essere sicuri è che saranno in grado di proporre show energici ed emozionanti ancora per molto tempo.

 

SETLIST LINKIN PARK:

Talking to Myself
Burn It Down
The Catalyst
Wastelands
One Step Closer
Castle of Glass
Good Goodbye
Lost in the Echo
New Divide
Invisible
Waiting for the End
Breaking the Habit
One More Light
Crawling
Leave Out All the Rest
A Place for My Head
What I've Done
In the End
Faint
Numb
Heavy
Papercut
Bleed It Out




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