Anti-Flag - 20/20 Vision European Tour 2020
14/01/20 - HT Factory, Seregno (MI)


Articolo a cura di Giulia Franceschini

"Il punk rock è casa di tutti... tranne che degli sbirri".

 

Derek indossa scarpe gialline, canta in punta di piedi, a volte urla. Quelle che esegue sul palco dell'HT Factory sono tutte "protest song" e le suona da solo, con una chitarra acustica che colpisce con delle pennate profonde. Fa chiamare il suo progetto The Homeless Gospel Choir, parla di riscatto personale, di essere liberi di sentirsi se stessi, di tanti stati emotivi o eventi fondamentali della vita. Vi ricordate, per esempio, di quel momento esatto in cui abbiamo ascoltato quell'album, quella canzone che ha cambiato tutto? Succede qualcosa, è una sensazione fisica, un meccanismo che si innesca, un ingranaggio che si muove per la prima volta e che ci fa capire istantaneamente che niente sarà più come prima. A Derek è successo con la cassetta di "Dookie" dei Green Day, che gli fa iniziare una vita nuova, gli fa scoprire una una nuova comunità fatta di "gente strana come lui", come quel ragazzo coi dread che un giorno gli disse: "Amico, non sarai mai una persona normale, perchè sei punk ("You're never gonna be normal, ‘cause you're punk")". "E anche qui, stasera, potete incontrare nuovi amici", aggiunge poco prima di lasciare il palco.

 

Il punk è da sempre un mezzo di comunicazione estremo, esagerato, il fatto stesso di scegliere il punk come medium comunica da subito esuberanza, qualcosa di fuori dagli schemi. Veicolo perfetto per chi vuole dare voce, e con una certa veemenza, soprattutto a certi argomenti che molto spesso con i modi diplomatici non vengono ascoltati o che vengono addirittura censurati, perchè, se dovessimo trovare un sinonimo, il punk sarebbe proprio libertà di espressione. Ed è esattamente quello che succede con le Dream Nails, all-female band londinese, riot grrrls figlie delle Bikini Kill. Sono vestite di bianco, gonne corte, pance fuori e vogliono sovvertire il patriarcato. Hanno un ottimo tiro, fanno un punk contaminato, ci urlano dentro che picchiare due ragazze lesbiche perchè non si vogliono baciare davanti a te è fa schifo, ballano sulla filosofia che sta alla base del punk, il DIY ("Do It Yourself", che è un po' l'arte dell'arrangiarsi), perchè alla fine ce la si deve sempre cavare in qualche modo, si scagliano con la musica contro chi pensa che barzellette sullo stupro facciano ridere. Le ragazze sono prima di tutto attiviste, e poi membri di una band punk che canta canzoni come "Vagina Police". Un connubio che in una sala a prevalenza maschile ha davvero un effetto interessante. "è questa la cosa difficile", mi dirà in separata sede Janey, la cantante del gruppo, "parlare di queste cose davanti agli uomini!". Ma il messaggio è arrivato, urlato, distorto, chiarissimo, dritto in faccia e in una platea molto ricettiva.

 

La serata di ribellione prosegue con gli inni di protesta anti Trump degli Anti-Flag (leggi qui la nostra intervista). La band fomenta una platea ormai numerosissima a cui non lascia respiro neanche per un secondo e che si scatena in un pogo perpetuo, a partire dall'apertura con "Christian Nationalist". Per la prima volta, gli Anti-Flag hanno esposto al merch il nuovo album "20/20 Vision", uscito il 17 gennaio. Mai come ora gli inni di ribellione degli Anti-Flag fanno grandissima presa sul pubblico italiano che risponde con dei cori, stage diving e crowd surfing incassanti. Per l'ennesima volta, fare una serata con gli Anti-Flag significa condivisione, aggregazione e comunità. Un'immagine che si concretizza con un finale vorticoso in cui Derek raggiunge la band sul palco per un brano, Justin scende tra il pubblico che lo circonda, il pubblico a propria volta invade il palco. 




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