Alice In Chains - Sherwood Festival 2018
28/06/18 - Parcheggio Nord Stadio Euganeo, Padova


Articolo a cura di Sophia Melfi

E dove ambientare lo Sherwood Festival 2018 se non in mezzo ad una verde e rigogliosa green zone in quel di Padova? Quella di ieri sera è stata la prima tappa italiana degli Alice In Chains, trascorsa e letteralmente consumata all'insegna di tanta buona musica ed emozioni travolgenti. A farla da padrone è stato infatti il Seattle Sound rivisitato dal gruppo di apertura degli Shame, "a grunge sound influenced by Melvins, Mogwai and Deftones", appunto. Con alle spalle un EP di debutto "Sad" e due album, "Gone" e "Entropia", la band riesce ad ottenere visibilità nel panorama che ha da sempre ispirato il proprio credo musicale, naturalmente quello di Seattle. Decisivo, sotto questo punto di vista, il loro tour negli States in giro per i locali più rappresentativi di quel sound che tanto scuoteva anima e mente negli anni '90, denominato "grunge". The Central, High Dive, Funhouse, sono solo alcuni dei nomi che hanno lanciato le promesse del Seattle Sound e, quasi trent'anni dopo, la loro reincarnazione made in Italy. Non si tratta tuttavia di un semplice e banale "revival", perché oltre ad un curriculum decisamente poco opinabile che vede gli Shame come opener di artisti del calibro di Stef Burns e Will Hunt, la band ha dimostrato proprio ieri sera di essere ampiamente in grado di dominare quella visibile e più che giustificabile emozione che trapelava dai loro sguardi inizialmente increduli. Alle nove, gli Shame salgono sul palco, scuotendo i presenti e scaldando il pubblico con brani intensi e concentrati in trenta minuti di musica dal vivo trascinanti. Chiaramente riconoscenti al sound degli Alice In Chains, la band italiana si distingue, tuttavia, per adottare una musicalità più scandita e incalzante che richiama apertamente i riff di King Buzzo de i The Melvins, stemperati da respiri armonici e sognanti, familiari a larga parte dei fan dei Deftones. Un inizio notevole per gli Shame che hanno positivamente colpito e sollecitato la trepidante energia del pubblico presente.

 

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Alle ventidue in punto, si spengono le luci e finalmente gli Alice In Chains raggiungono il palco. Un caloroso applauso accoglie la band dopo quattro anni di assenza dalla scena live nel Bel Paese. Senza troppi convenevoli, gli Alice In Chains abbattono il pubblico sulle note di "Bleed The Freak", brano che infiamma tutti di un'incontenibile energia. Un'energia che ricorda ai presenti il celebre live al Moore Theatre di Seattle del 1991, in cui quello stesso fuoco ardeva negli occhi e nell'anima tormentata e sanguinante dell'ex cantate Layne Staley. Ciononostante, a distanza di anni, William Duvall è riuscito a ricreare quell'emozione , appartenente ad un contesto ormai passato e consumato dal tempo, attraverso un altro tipo di energia e intensità, positiva, trascinante. Dopo perle musicali del passato, seguono brani tratti da "Black Gives Way To Blue", come "Check My Brain", in cui i riff di Jerry Cantrell fanno scatenare tutti, dalle prime alle ultimissime file. "Hey, let ‘em do it again", si prosegue così, ancora e ancora tra passato e presente in un percorso che ha fatto degli Alice In Chains una pietra miliare di quel sound che accomuna empaticamente tutti gli spiriti più fragili e rabbiosi. Un'unica stranezza, a questo punto del concerto, che colpisce i presenti. Manca l'album per antonomasia, manca "Dirt". Ed ecco che a colmare questo vuoto consistente ci pensa "Them Bones", con gli acuti di Duvall e gli incalzanti riff di Cantrell, il quale si trasforma in un vero e proprio Dio della chitarra in quell'assolo di pochi minuti che porta tutti in un'altra dimensione. In fondo gli anni '90 del grunge sono stati anche questo, una digressione musicale che ha trascinato un pubblico selezionato in qualcosa di unico nel suo genere. Tuttavia, sarebbe erroneo definire gli Alice In Chains come appartenenti al filone di quella tendenza ribelle. A conferma di ciò, il brano "Hollow" da "The Devil Put Dinosaurs Here", in cui a dominare sono i riff propriamente heavy metal la cui durezza è sciolta nell'armonizzazione delle voci di Duvall e Cantrell. Segue "Last Of My Kind", pezzo che coinvolge ancora una volta il pubblico, ma soprattutto la band visibilmente riconoscente e carica da un così caldo benvenuto da parte del pubblico italiano.

 

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Improvvisamente, le luci del palco si colorano di viola e si ritorna nella spirituale atmosfera dell'MTV Unplugged del 1996 sulle note di "Down In A Hole", un brano che non necessita di spiegazione alcuna. La sintesi di uno dei capolavori della band è concentrata nella potenza empatica delle sue melodie e dei suoi testi che trattano di un dolore e di una perdita condivisa e compresa da tutti i fan degli Alice In Chains. "Faster We run, and We die young", versi sanguinanti di "Facelift" che precedono il ricordo di Layne Staley e Mike Starr. Un ricordo trascritto in poesia: naturalmente "Nutshell". La canzone, l'arpeggio e l'assolo, in grado di ricordare a distanza di anni la grandezza e l'impatto di artisti tragicamente scomparsi. Un segno indelebile nel cuore di tutti che si riflette nelle struggenti melodie della chitarra di Jerry che urla. Dal gelido inverno di "Heaven Beside You", si passa poi alle incendiarie "It Ain't Like That" e "Man In The Box", durante le quali il pubblico va in visibilio. C'è chi piange, chi sorride e chi canta a squarciagola il celebre ritornello:"Feed my eyes, can you sew them shut, Jesus Christ deny your maker, He who tries will be wasted, feed my eyes, now you sew them shut."

 

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La band lascia il palco, ma dopo qualche minuto, per la gioia dei fan, rientra e si esibisce con l'ultimo singolo, tratto dal nuovo album in uscita "Rainer Fog", "The One You Know", seguita da "Got Me Wrong" e due immancabili brani di chiusura su cui tanto ci sarebbe da dire. Il primo è "Would", celebre composizione in memoria di Andrew Wood, leader dei Mother Love Bone. Mike Inez dà il meglio di sé accendendo tutti con i noti e potenti riff di basso a cui si coniuga perfettamente la ritmica sostenuta di Sean Kinney e l'incredibile voce di Duvall. Nulla da dire sull'incantevole assolo che ancora una volta trasporta tutti su un altro pianeta. Gli Alice In Chains concludono in bellezza con "Rooster", un'esibizione impeccabile che si lascia dietro un flusso sconfinato di emozioni che solo la loro musica è in grado di suscitare. Ognuno ieri sera si è rivisto in quelle parole, in quelle melodie così personali e intense da lasciare un segno indelebile nel tempo e nello spazio. E' così che la musica ha vinto su tutto, ancora una volta.

 

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Setlist:

Bleed The Freak

Check My Brain

Again

Them Bones

Damn That River

Hollow

Last Of My Kind

Down In A Hole

No Excuses

Stone

We Die Young

Nutshell

Heaven Beside You

It Ain't Like That

Man In The Box

Encore:

The One You Know

Got Me Wrong

Would

Rooster

 

 




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