Flogging Molly @ Alcatraz
22/06/10 - Alcatraz, Milano


Articolo a cura di
Chi viene dagli anni ottanta  riserva nel cuore uno spazio a Shane MacGowan e i suoi Pogues, con il loro folk irlandese suonato con l’enfasi di un gruppo rock, pieno di eccessi e sregolatezze alcoliche, che hanno lasciato un vuoto incolmabile nel cuore di tutti i loro tanti fan. Il concerto di stasera ha la presunzione di alleviarne la malinconia con il ritorno in grande stile, da headliner, dei Flogging Molly da Los Angeles, freschi di stampa del loro (ennesimo) Live at The Greek Theatre. L’Alcatraz di Milano si presenta già da subito con una buona affluenza di pubblico, il termometro promette (e mantiene la promessa) di far smaltire in breve le birre bevute prima che si attacchino gli amplificatori e si accendano i volumi delle casse.

Scansate le telecamere di Rock TV per i soliti saluti di rito pre-concerto, calcano il palco gli Andead. Non si può voler male a questo quintetto punk rock italianissimo, amanti del sound dei (grandissimi) Social Distortion, ma tra le smorfie e le pose un po’ troppo scimmiottate, la cover della sigla di Spider-Man (quella rifatta anche da Michael Buble, per intenderci) e canzoni con ruffiani camei musicali di Ramones e Rancid, fanno arricciare le ciglia di molti presenti.

Finito il live set degli Andead, inizia lo show più snervante, quello dei “minuti di trepida attesa prima dei Flogging Molly”, vero e proprio spettacolo nello spettacolo con gente saltellante, rumoreggiante e pogante al ritmo della musica di sottofondo. Proprio prima che si accenda una piccola rivoluzione d’impazienti ecco arrivare gli eroi della serata, con la fierezza delle loro origini irlandesi (nonostante di vero irlandese ci sia solo il cantante Dave King) , che senza sforzarsi molto riescono a trasmettere al numeroso pubblico presente la loro irrefrenabile simpatia spandendo un sound figlio bastardo dei già citati Pogues e dell’insano amore verso il punk rock.

Da subito smuovono a loro piacimento le mareggiate di ragazzi scalmanati sotto il palco saccheggiando l’ottimo “Float”, ultimo album in studio datato 2008, con canzoni come “Requiem for a dying” o l’omonima “Float”. Il clima si fa insostenibile, anche se la gente  pare  non accorgersene, le pareti del locale sembrano trasudare ogni qualsivoglia forma di liquido maleodorante alle note dei classici “Black Friday Rule” e con il punk festaiolo di “Salty Dog”.

I Flogging Molly sono in grande forma, recepiscono l’affetto incondizionato e a tratti impressionate dei loro fan, si divertono modellando un concerto senza cali e soste, ben sostenuto dall’alternarsi di pezzi più acustici. King tiene bene lo show nelle sue mani, con la sua presenza goffa ma ironica, interagendo con il pubblico e tributando gli onori ai suoi idoli defunti, da Johnny Cash a Joe Strummer, facendo anche battute sarcastiche sull’eliminazione della nazionale francese al mondiale, rea del furto perpetrato a scapito della nazionale irlandese alle qualifiche del torneo.

“Drunken Lullabies”, forse la più attesa e ballata, e la devastante “What’s Left Of The Flag” aumentano il tasso di lividi presenti in sala, sala che si svuoterà solo dopo centocinque minuti di concerto, quando i Flogging scenderanno dal palco per stare con i loro kids, fare qualche fotografia e sorseggiare in compagnia una buona e fresca birra bionda.


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