Within Temptation - The Unforgiving Tour
17/10/11 - Alcatraz, Milano


Articolo a cura di Fabio Rigamonti
C’era grande fibrillazione nell’aria di ieri sera, nei pressi dell’Alcatraz di Milano, visto che gli olandesi Within Temptation non si facevano vedere sul suolo italico da ben oltre tre anni. Atteso da un pubblico che sin dalle prime ore del mattino si è accampato, in religiosa attesa, nei pressi delle porte del celebre locale live milanese, il concerto è stato una piacevole sorpresa che ha fugato ogni dubbio sullo stato di salute della band, perplessità più che lecite insorte a seguito di alcune discutibili performance estive e di una line-up rinnovata nella figura di due membri, di cui uno storico. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, e procediamo con ordine.

E’ un Alcatraz già piuttosto affollato quello che saluta l’ingresso, alle 19:45, del gruppo di supporto TriggerFinger, power trio belga dedito ad uno strano stoner commisto ad un country hard rock… come se gli ZZ Top volessero giocare a fare i Queens Of The Stone Age. La band è certamente rodata e capace, intrattiene il pubblico con una presenza scenica di forte impatto proprio come sa essere il riffing della chitarra del vocalist Ruben Block. Particolare successo, inoltre, viene riscosso anche dal batterista Mario Goossens, protagonista anche di un assolo (piuttosto lungo invero) ed acclamato a gran voce dal pubblico per via del suo nome italiano, una cosa che sembra esaltare il nostro orgoglio nazionale (perché, si sa, non sappiamo resistere di fronte al fenomeno dei nomi nostrani nelle band straniere).

Ad ogni modo, le perplessità circa il live dei TriggerFinger risiedono unicamente nella proposta musicale della band: fermo restando che il pubblico ha accolto calorosamente questa miscela nervosa di hard rock venato di blues, viene sinceramente da chiedersi cosa una formazione simile abbia da spartire con la proposta dei Within Temptation. Se da un lato, quindi, non si può che lodare la volontà di proporre qualcosa di nuovo e di diverso ad un pubblico che, si sa, con il successo commerciale sempre crescente della band olandese diviene di giorno in giorno più eterogeneo, dall’altro non ci si può certo salvare da un certo senso di straniamento.

Ad ogni modo, alle 20:30 comincia il cambio di palco, che porterà rapidamente, alle 21, alla comparsa dei protagonisti assoluti della serata. Si notano, durante questa fase, fenomeni degni di nota, come il montaggio di un pannello a scorrimento come scenografia recante il logo di "The Unforgiving" coperto da una tenda, delle scalinate che portano il palco a due livelli, un numero impressionanti di riflettori e l’aggirarsi per il locale di un oscuro figuro in felpa blu, diretto con decisione verso la zona mixer. Il sottoscritto guarda meglio, e realizza ciò che alcuni fan, nei pressi della stazione di missaggio, immediatamente arrivano anch’essi a capire: Robert Westerholt, difatti, pur avendo dato le dimissioni come chitarrista della band, è comunque presente all’Alcatraz, e darà una mano, durante tutto il concerto, ai fonici. Viene, quindi, naturalmente da mettere in dubbio la scusa che Robert non suoni più all’interno della sua band per stare a casa a badare alla famiglia, visto che la balia, il buon chitarrista, lunedì l’ha fatta al computer che regolava gli effetti scenici del palco che lui stesso ha contribuito a costruire.

Ad ogni modo, ad un certo punto le luci si spengono, il sipario si apre e rivela un mega-schermo con una definizione HD da spavento che proietta, per intero, il film di Mother Maiden, e questo porta con naturalezza alla comparsa progressiva della band sulle note di “Shot In The Dark”. Subito si notano tre cose: l’impianto luci è qualcosa di semplicemente incredibile, una serie di fasci multicolore che si intrecciano a creare geometrie sempre affascinanti ed a tema con il mood della canzone, a testimonianza dell’incredibile supporto tecnologico quest’ultimo tour dei Within Temptation; quindi, i suoni perfetti, una resa che rendeva giustizia ad ogni singolo strumento, con una batteria che non solo non nascondeva il resto della strumentazione, ma anche con voci e tastiere a reclamare il loro giusto spazio. Infine, la mise orrenda di Sharon Den Adel, copia perfetta di quella mostrata nel video di “Sinéad”.

Questi tre fattori sono stati una costante lungo tutto il concerto della band; ciò che, fortunatamente, è invece sparito presto è stato l’evidente affanno della voce della Den Adel: partita con scarso mordente sulla già citata “Shot In The Dark”, in evidente carenza di fiato sulla concitata “In The Middle Of The Night”, da “Faster” in avanti la voce di Sharon si è come per magia scaldata, regalandoci un’interpretazione impeccabile, tra cui è impossibile non segnalare una delle migliori “Ice Queen” che mi sia capitato di sentire (e, credetemi sulla parola, io di “Ice Queen” live ne ho sentite tante…). Merito di questa prestazione da novanta è un’inedita tonalità che la Nostra ha sviluppato, una sfumatura estremamente zuccherosa e teneramente dolce (Cristina D’Avena è - incredibilmente - il nome che più volte è serpeggiato nella mente del sottoscritto) che rende ancora più colorato lo spettro vocale che la Den Adel pare adesso in grado di raggiungere, donando ai pezzi vecchi quasi una nuova vita (“Memories”, per quanto esasperante come da copione, suona impressionantemente nuova e molto più intensa).

Si parla molto di Sharon Den Adel in questo report, ma è solo perché i restanti membri dei Within Temptation sembrano ormai semplici mestieranti al servizio della “regina” della band, da tanto paiono essere diventati invisibili e trasparenti. E se questo è un fenomeno ampiamente giustificabile per i due nuovi arrivati Mike Coolen (alla batteria, in sostituzione permanente di Sthepen van Haestregt) e Stefan Helleband (alla chitarra ritmica, in sostituzione semi-permanente di Robert Westerholt in sede live), fa spiacere vedere i restanti membri storici assolutamente professionali, ma poco reattivi, tanto che il pubblico, a fine concerto, arriverà a reclamare, coi suoi cori, esclusivamente lei, la “regina” della serata: Sharon Den Adel.

Il pubblico, spendiamoci due parole. Numerosissimo (oltre duemila presenze di un annunciato sold-out), si è caratterizzato per la sua diversità ed eterogeneità, non solo per affinità musicali più o meno manifeste nell’abbigliamento (dal gothster più nero al giovane più trendy), ma anche per varietà anagrafica, coprendo una spanna che andava dai dodici ai sessant'anni, uno standard per la band olandese nel resto d’Europa ed oggi, finalmente, anche da noi. Un fenomeno con dei “pro” ma, anche, con evidenti “contro”. Scarsa, difatti, la partecipazione del pubblico all’evento, pochissimi i cori e gli applausi nati spontaneamente, e se è vero che tali manifestazioni ci sono sì state durante il concerto, è anche vero che per la quasi totalità sono state suggerite dalla band stessa. Si è come perso qualcosa in passionalità e partecipazione, e l’impressione generale è che la gente fosse più impegnata ad impostare il filtro più cool nei loro smartphone di ultima generazione per catturare digitalmente il momento, piuttosto che viverlo sulla propria pelle, col sudore. Che gran peccato, quando si dice che la tecnologia uccide l’emozione… Ciononostante, la band ha chiuso il concerto sentitamente soddisfatta; una Sharon contentissima ci ha promesso che non passeranno altri tre anni prima che i Nostri possano tornare dalle nostre parti, e noi vogliamo crederle sulla parola.

A conclusione di questo articolo, ci sarebbero ancora molte considerazioni da fare, ad esempio sulla scaletta e sull’effetto straniante che essa ha prodotto non solo nel vedere la classica “Ice Queen” posizionata al centro del concerto anziché alla fine (luogo che le compete di diritto), ma anche nel concludere con una loffia “Stairway To The Skies” dopo un’impeccabile ed epica “Mother Earth”, ma vorrei riservare, invece, la chiusura ad alcune considerazioni più generali.

Questo live, come ho accennato in apertura, dimostra che i Within Temptation sono in ottima forma, sanno ancora fare un buon concerto. Eppure, alla fine della serata, per quanto soddisfatti, è come se non ci si riuscisse a staccare di dosso una certa sensazione di manierismo. Le novità, per chi ha avuto modo di assistere a diversi concerti della band lungo l’asse del tempo, sono state pressoché nulle, e di nuovo siamo stati testimoni degli stessi pregi e degli stessi difetti storici della formazione (ad esempio, anche la Den Adel stessa non è propriamente un mostro nel tenere il palco: senza andare geograficamente troppo lontani nel territorio delle “donne del rock/metal”, la nostra Cristina Scabbia le fa le scarpe… Anzi, meglio: gli stivali, in questo senso). Insomma: la band non pare migliorata né peggiorata su alcun fronte, e la serata è stata accompagnata da un pesante senso di deja-vu, nonostante nuove canzoni, nuove scenografie, nuovi splendidi video, nuovi membri in formazione… A salvare i Within Temptation, oggi, probabilmente rimane solo la loro genuinità: tra tutte le costanti della band, questa fortunatamente continua a non venir meno. Quindi, piuttosto che rimanere colpiti in negativo, è forse meglio così: adagiarsi su una placida serenità, sapendo esattamente cosa aspettarsi dalla band olandese più famosa della storia della musica. E se è con placida rassegnazione che ci si abbandona ad un loro show, senza montare irragionevoli pretese, allora ci si ritroverà incredibilmente appagati.

Non rimane che da aggiungere: alla prossima occasione, miei cari, vecchi e soliti (anche se “nuovi”) Within Temptation!

Setlist

01. Intro - Mother Maiden Movie
02. Shot In The Dark
03. In The Middle Of The Night
04. Faster
05. Fire & Ice
06. Ice Queen
07. The Howling
08. Our Solemn Hour
09. Stand My Ground

Intermezzo: Sinéad movie

10. Sinéad
11. What Have You Done
12. Iron
13. Angels
14. Memories
15. Deceiver Of Fools
16. Mother Earth

Encore

17. Stairway To The Skies



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