Amon Amarth - Surtur Rising Tour 2011
25/05/11 - Magazzini Generali, Milano


Articolo a cura di Davide Panzeri

Serata calda quella di stasera. La colonnina del mercurio rasenta i 30 gradi anche alle 19 di sera, fortuna vuole che il parcheggio antistante i Magazzini Generali (nuova location rispetto all’iniziale C-Side) sia al coperto grazie a una quantità considerevole di alberi. Giusto il tempo di un panino per rinfocillarsi e via verso il concerto. Il menù della serata prevede gli Evocation come aperitivo, i Black Dahlia Murder come antipasto e gli inossidabili vichinghi Amon Amarth come portata principale.

Sono giusto giusto le 19:00 quando varco l’ingresso del portone principale dei Magazzini Generali; il ricordo che ne avevo non era certo buonissimo, anzi, era davvero pessimo. Anche questa volta le impressioni iniziali e finali sono state ingloriose. Inizialmente, colpito in faccia da un’aria calda impressionante, vengo scoraggiato dalla moltitudine di gente che già occupa il locale e penso tra me e me: “ma cribbio (non ho proprio usato questo termine a dire il vero), se c’è già tutta sta gente a quest’ora, cosa succederà dopo con gli Amon Amarth?”. A conti fatti avrei preferito non scoprirlo.


Gli Evocation stanno suonando, autori di una prestazione egregia e potente, riescono a conquistare il pubblico con pezzi tiratissimi, violentissimi e brutali(ssimi), una mistura di death tecnico, black e thrash, il tutto condito dalla sferzante e graffiante voce del frontman. Non li conoscevo, ma devo dire che mi hanno notevolmente colpito. Il loro compito è quello di scaldare il pubblico (e qui battute sulla temperatura del locale si sprecherebbero) e lo assolvono in maniera esemplare nonostante il poco tempo a loro disposizione, bravi davvero.


Esco a prendere una boccata d’aria fresca (il che è tutto dire) durante il cambio palco per l’esibizione dei ben più famosi Black Dahlia Murder, gruppo statunitense di matrice prevalentemente metalcore. La band parte subito in quarta e il frontman Trevor Strnad guadagna immediatamente il premio simpatia della serata. E’ un piacere vederlo cantare, incitare il pubblico agitando freneticamente il braccio con le corna e sorridere in ogni momento possibile. Non so perché, ma ha ispirato in me una fiducia e una simpatia colossale ed immediata (sensazioni rivelatesi poi vere alla fine del concerto, quando la band era praticamente al completo fuori dal locale a fare foto, scherzare e salutare i propri fan e non, davvero ottime persone). Parlando della loro musica non ho molto da dire, se non che il loro tipo di proposta punta molto sulla velocità, sulla tecnica e sulla violenza, caratteristiche che alla lunga portano alla ripetitività. Di conseguenza l’attenzione nei loro confronti tende a calare inesorabilmente dopo una ventina di minuti. Anche loro però conducono uno show dignitoso e grintoso, salutano e si ritirano nei camerini. Si riaccendono nuovamente le luci ed io esco ancora una volta a prendere un po’ d’aria, l’afflusso di gente continua inesorabile ed io comincio davvero a preoccuparmi. La temperatura interna è altissima, sudo solamente a stare fermo. Non oso pensare ai ragazzi assiepati nelle prime file, a momenti c’è gente in piedi persino ai bagni.
 

blackdm
 

Alle nove spaccate lo show dei vichinghi svedesi ha inizio, Surtur campeggia sullo sfondo e le due grancasse della batteria sono rivestite dalle immagini di due cavalieri e guerrieri. La solita intro d’atmosfera suonata interamente alla tastiera scatena un tripudio da stadio degno di un gol al 90° minuto in finale di Champions. Le mani alzate sono tante (i corni no, perchè non potevano entrare), ancora di più lo sono le macchine fotografiche e i cellulari. L’atmosfera viene rotta improvvisamente dalle note iniziali di “War Of The Gods”, brano estratto dall’ultimo album della band “Surtur Rising”. I suoni sono imbarazzanti, chitarre impastate, basso casinaro e volume del microfono di Johan un pelo troppo basso. Nessuno pare curarsene (tanto il tutto è sovrastato dalla urla e grida della folla), non si capisce e non si vede niente a causa delle già citate braccia e corna alzate; insomma, normale amministrazione. Bene o male col tempo la cosa si risolve da sola (nonostante i suoni siano davvero al limite della decenza). I Magazzini Generali, essendo praticamente un lungo corridoio adornato con bellissime quanto fastidiose colonne, sono il perfetto esempio di posto in cui non fare un concerto. Basta spostarsi un poco a destra o sinistra per non sentire più quello o quell’altro strumento, se si retrocede fino al bar la situazione non fa altro che peggiorare.

I Nostri sono in forma come sempre, lo spazio troppo piccolo del palco però non permette loro di agitarsi e muoversi come vorrebbero. La scaletta pesca a piene mani principalmente (e purtroppo) dagli ultimi lavori della band, “Destroyer Of The Universe”, “Live for The Kill”, “Guardians Of Asgaard” (presentata come migliore party song esistente da Johan Hegg) sono cantate e seguite da tutto il pubblico. Imbarazzante quando (e resta una mia convinzione personale) durante il discorsetto di presentazione di “Maser Of War” e “God, His Son And Holy Whore” le mani alzate a santificare il gruppo di Gothenburg saranno si e no due e mezzo; profonda tristezza, i tempi sono davvero cambiati ed io sono davvero invecchiato. Sono costretto a uscire addirittura un paio di volte per riprendere a respirare e bermi una paio di birre (delle misere 0,3 a un modicissimo prezzo di 5€ cad.). La vera “sorpresa” della serata è il medley di canzoni composto da “Victorious March”, “Gods Of War” e “Death In Fire”. Sì, avete letto bene, “Death In Fire” non è stata eseguita interamente, scelta indubbiamente coraggiosa. Per quanto mi riguarda avrebbero potuto anche evitare di suonarla e dedicarmi una ben più rara “Ride For Vengenance”, canzone che aspetto da almeno dieci anni a questa parte; quando la proporranno potrò dire di essere una persona veramente  felice. I bis finali sono dedicati a “Twilight Of The Thunder God”, “Runes To My Memory” e all’immancabile “The Pursuit Of Viking”, allungata nel mezzo dal consueto duetto tra il pubblico e Johan.

 

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Dopo un’ora e mezza scarsa (ormai sembra diventata caratteristica comune di tutti i concerti) lo show finisce, gli Amon Amarth salutano, ringraziano e se ne vanno. I Magazzini si svuotano ed io esco ripromettendomi ancora una volta di tornarci il meno possibile. Mi spiace davvero per gli svedesi perché si meriterebbero uno spazio più consono, ma d’altronde tra Rolling Stone chiuso e palco B dell’Alcatraz evidentemente troppo grande per loro non c’erano alternative. Alla prossima Vikingar!

 

01.War of the Gods
02.With Oden On Our Side
03.Destroyer of the Universe
04.Masters of War
05.Live for the Kill
06.Guardians of Asgaard
07.Doom Over Dead Man
08.Slaves of Fear
09.God, His Son and Holy Whore
10.Varyags of Miklagaard
11.For Victory or Death
12.Victorious March / Gods of War Arise / Death In Fire
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13.Twilight of the Thunder God
14.Runes to My Memory
15.The Pursuit of Vikings




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