Thin Lizzy - Tour 2011
02/02/11 - Live Club, Trezzo sull'Adda


Articolo a cura di Marco Somma

Come di rito arriviamo in quel del Live di Trezzo con sufficiente anticipo da poterci scegliere con tutta calma la migliore postazione. Dalla balconata del punto di ristoro che sovrasta l'area concerti ci mettiamo così comodi a consumare una cena a dir poco abbondante, chiacchierando del più e del meno in assoluta tranquillità. L'atmosfera è rilassatissima ed è più che evidente che nessuno ha dubbi o timori riguardo al concerto a cui stiamo per assistere. I Thin Lizzy sono mostri sacri, di quelli che non si sono limitati a resistere nel tempo, ma hanno letteralmente scritto la storia del genere. Sotto di noi la gente comincia a fluire dall'ingresso in direzione di un palco ancora deserto. Pochi minuti prima delle nove ancora non c'è segno della calca che il nome in cartellone avrebbe certamente meritato, ma aspettiamo fiduciosi sorretti dall'innocente speranza che il pubblico italiano sappia riconoscere un'occasione musicale più unica che rara quando gli si presenta. Le speranze riposte nella band si confermeranno più che ben riposte, per quelle nel pubblico sfortunatamente non possiamo dire altrettanto.

 

Alle nove spaccate fanno il loro ingresso i Supersuckers con la loro proposta fatta di un rock genuino e diretto. Il volantino on line ci metteva a parte delle origini della band, nata a Tucston ed adottata poi da quel di Seattle. A sentirli macinare note come novelli Motörhead, l'influenza della patria del grunge è ben difficile da riconoscere; non che siano davvero cosi facilmente iscrivibili ad un genere ben definito, ma della musica made in Seattle hanno forse solo la semplicità d'intenti. In una quarantina di minuti di concerto si sentono influenze che vanno dall'heavy al country passando per il rock cantautorale alla Springsteen; difficile non immaginarseli a suonare dietro una rete metallica in una steak house tra Texas e Arizona mentre la gente consuma birra e gioca a freccette in una parodia della Rivincità del Red neck! I Supersuckers portano comunque a casa la serata brillantemente, intrattenendo e riscaldando l'ambiente come si deve. Se mai ci si sognasse di dare un voto ad un concerto un bel sette non glielo toglierebbe nessuno!


C'è appena il tempo di scambiarsi qualche impressione sulla band che ha appena lasciato la scena, quando le luci calano di nuovo confermando una volta di più che la macchina Live, sia intesa come headliner che come locale, è più che oliata e rodata. È finalmente l'ora dei Thin lizzy!


Siete pronti? Siete davvero pronti?

 

Forse si, forse no...

 

Sono le dieci e cinque quando la scritta Thin lizzy sul fondo di un palco immerso nel buio prende ad illuminarsi di lucette intermittenti rosse. Potrebbe bastare questo a farse sentire i presenti tuffanti indietro nel tempo fino agl'ultimi anni settanta o con un po' di sforzo i primi ottanta. Basterebbe certo, ma perché questo sia possibile bisognerebbe averli vissuti o aver consumato un sufficiente numero di registrazioni video dell'epoca. Improvvisamente mi ritrovo ad invidiare chi tra il pubblico non ha avuto questa fortuna, chi sta vedendo e soprattutto ascoltando per la prima volta i Thin Lizzy che danno vita al loro personalissimo spettacolo pirotecnico. Invidio chi per la prima volta sperimenta una dose di quel carico di vitalità, passione e franchezza sonora che si sta riversando sul Live di Trezzo, chi non è minimamente assuefatto al più sano degli stupefacenti, chi non può essere assalito da una vaga sensazione d'amarcord.

 

La voce di Ricky Warwick si alza nel buio con il suo potente "Are you ready?". La risposta arriva pronta ed eccitata da ogni ugola presente anche se quelle ugole non sono poi cosi tante. I primi pezzi in scaletta, "Are You Ready", "Waiting For An Alibi" e "Jailbreak" scorrono via come olio; non ci accorgiamo neppure dello scorrere del tempo, i Thin Lizzy hanno già fatto la magia e lo hanno fatto con una naturalezza straordinaria. Ci vuole la comparsa di tre tamburi neri e un attacco di marcia per scuoterci per un istante dall'incanto o meglio per portarci ad un più alto livello di esaltazione. È la volta di "Do Anything You Want To". Lo spettacolo del lavoro di pelli è talmente divertente ed esaltante, ammettiamolo, ci dimentichiamo tutti di essere li non solo per goderci la musica ma anche per scriverne poi un report... Per qualche minuto del lato professionale della caso non frega niente a nessuno! E improvvisamente mi accorgo che pur avendo consumato quelle tonnellate di nastri e aver conosciuto e aver guardato e riguardato quei video in verità non sto avendo alcuna sensazione di amarcord.

 

I Thin hanno un groove pazzesco anche all'alba del 2011, vale a dire - udite udite - a 42 anni dalla loro formazione. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, nel mondo della musica sono apparse e scomparse stelle e interi generi hanno fatto il loro tempo, ma quello che sto sentendo stasera non è databile. Probabilmente si tratta della ricetta oltre che dei cuochi di gran pregio. La mistura di hard rock, heavy, blues, folk e chi più ne ha più ne metta, crea una pasta talmente densa da essere letteralmente un blocco solido, un nuovo elemento della tabella periodica del rock. Queste riflessioni mi riportano poco per volta a rivestire i panni del giornalista oltre a quelli del fan. Ancora esaltati da quei tamburi si passa alla grinta della mid time "Don't Believe A Word" e al groove anni settanta letteralmente irresistibile di "Dancing In The Moonlight" reso in modo impeccabile dal basso di Marco Mendoza. Su "Angel Of Death" gli assoli di Scott Gorham e Vivian Campbell divengono la colonna portante per un wormhole avanti e indietro nel tempo, alla ricerca di un varco verso un'altra dimensione della musica scoperta trent'anni or sono e mai del tutto abbandonata dai grandi esploratori dell'epoca. I Thin Lizzy si sono affiancati ad alcuni dei più grandi nomi della scena rock di ogni tempo. Hanno condiviso palchi con Queen, Aerosmith, Rainbow... Sono talmente tante le formazioni che hanno preso e dato a questa band che è praticamente impossibile enumerarle. I pezzi si susseguono, la struggente "Still in love with you", una devastante "Whiskey In The Jar", "Emerald", "Wild One"... Più vanno avanti più mi convinco di stare assistendo ad un evento musicale storico che avrebbe meritato uno stadio, con tutto il rispetto per il Live che rimane quanto di meglio nel suo genere. "Wild one" offre anche l'occasione per un assolo di chitarra a due come non se ne sentivano da una vita, mettendo in mostra un feeling e un'intesa straordinarie tra i musicisti sul palco. Con "Cowboy Song" il coinvolgimento ormai è all'apice e la band talmente calda che potrebbe accantonare gli strumenti elettrici, prendere delle chitarre acustiche e l'atmosfera e la forza dello spettacolo non ne soffrirebbero minimamente. Il Passaggio sulle note di "Boys Are Back In Town" arriva micidiale e micidiale è stato vedere che non c'era anima nel posto che non stesse cantando.

Una brevissima pausa ci separa dall'immancabile bis. Niente commoventi richiami strappalacrime per Phil Lynott, storico leader della band amncato nell'ormai lontano 1986; solo una dedica accorata prima di tornare a suonare. Il concerto e tutto il tour gli sono stati dedicati e il momento doveva arrivare ma di fatto è sempre e solo la musica a parlare, una musica straordinariamente eloquente, energica e vitalizzante. Pensare che questa dovrebbero essere solo una band tributo ai Thin lizzy che furono è quanto di più sbagliato, seppure questo sia il proposito dichiarato dalla stessa band. Nonostante gli irlandesi non sfornino più studio album da moltissimi anni, chi vive di solo rock sa bene che è dal vivo che il genere assume un senso e i Thin lizzy hanno tutti i motivi del mondo per continuare ad esistere. Lunga vita ai Lizzy!


Ps: Fare polemica non lascia mai un buon gusto in bocca, ma... Peccato che il pubblico italiano non abbia saputo cogliere l'occasione! Forse troppo impegnato dall'ennesima replica di X-Factor non ha trovato il tempo di godere di una delle migliori performance rock di sempre. Che dire? Noi pochi! Noi fortunati pochi!

 

Setlist

 

1. Are you ready?

2. Wating For An Alibi

3. Jailbreak

4. Do Anything You Want To

5. Don't Believe A Word

6. Dancing In The Moonlight

7. Massacre

8. Angel Of Death

8. Still In Love With You

9. Whiskey In The Jar

10. Emerald

11. Wild One

12. Cowboy Song

13. Boys Are Back In Town

14. Rosalie

15. Black Rose

16. The Rocker




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