Deftones - Diamond Eyes Tour 2010
06/12/10 - Live Club, Trezzo (MI)


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Quando iniziano i Deftones? La serata odierna al Live di Trezzo ha dell'evento. Non che ci si aspetti il gruppo del momento o le star super premiate da MTV ma, come per una rimpatriata in famiglia, i Deftones riescono a raccogliere a sè fan devoti, rumorosi e attenti alla loro proposta musicale. Dimenticavo, sono un gruppo che riesce a farsi volere bene, il perché è esprimibile con pochi vocaboli. Come prima cosa si discosta dalle band fatte di bellocci o posers, loro sono in assoluto i peggio assortiti e mal vestiti della storia del rock, sono onesti fino al midollo e, sin dagli esordi, hanno dimostrato di avere una caratura assolutamente non affiancabile ai loro competitor degli anni novanta.

A scaldare gli animi contribuisce, oltre alla presenza degli alcolici, alle ore venti spaccate, l'entrata in scena dei fantascientifici Coheed and Cambria. Gli americani sono un caso abbastanza particolare del panorama dell'alternative metal, il loro eterno concept album (o forse dovremmo definirlo concept discography) racconta musicalmente le vicende dei due protagonisti, appunto Coheed e Cambria, storie che inizialmente mi avevano fatto stropicciare gli occhi. L'esordio "The Second Stage Turbine Blade" come, a fasi alterne, il seguito "In Keeping Secrets Of Silent Earth:3" ci proponevano un gruppo tutt'altro che scontato, vocalmente dei provetti Rush ma vicini, ideologicamente parlando, agli anni settanta psichedelici e progressivi di band come Pink Floyd e King Crimson, il tutto con un'influenza, più evidente nelle prime produzioni, emotivamente punk. Il quartetto non fa una grinza, sul palco ci sa stare bene, suona senza sbagliare un attacco e la voce di Claudio Sanchez è come su disco. Non ha senso parlare di canzoni con i Coheed, ma di continua odissea sonora che tiene inchiodati i già numerosi presenti, ipnotizzati e certamente soddisfatti alla fine dei quaranta minuti di live set.

Inizialmente il mio pensiero, da vecchi(ssim)o fan dei Deftones è stato: con loro come supporter è bene che Chino non sia in giornata no. Pensiero che ogni persona che ha visto più concerti della band di Sacramento non potrà contestarmi perché, nonostante le doti di Chino Moreno non siano discutibili, le sue problematiche con le corde vocali hanno dato modo di rendere tutt'altro che certa, a livello qualitativo, la sua presenza sul palco di qualsiasi locale o arena del globo. Invece tutto questo pensar male è spazzato via dall'arrivo dei Deftones all'ultima data del tour europeo, con il nuovo bassista Sergio Vega ex membro della post core band Quicksand, sostituto dello sfortunato Chi Cheng ancora in coma dopo un grave incidente stradale, ma soprattutto con un Chino dimagrito di altri innumerevoli kg. Tutto magicamente ci riporta al 1995. Il frontman di quegli anni, stessa energia, stesso carisma e (quasi) stessa voce. L'inizio è quanto di più energico sia mai stato generato dal combo ispanico, la gente è totalmente in delirio. Gli unici insoddisfatti? I fotografi. In sostanza impossibile immortalare quel gatto impazzito di Chino. Un moto continuo, come un ossesso rovescia sui kids l'energia di "Rocket Skates", primo singolo dell'ottimo "Diamond Eyes", e il concerto dà il via all'inizio di un culto. All'unisono sono cantate tutte le canzoni riproposte, che sfiorano l'esordio "Adrenaline" ma che sono ottimamente suddivise tra gli altri cinque album. La canzone omonima all'ultima fatica è già di diritto un nuovo anthem, donne (raro vederne così tante a un concerto metal) e uomini disperdono sudore a litri per seguire la marea smossa dalla struggente "Xerces" o da "Minerva". Tutta la struttura del live set è costruita in tre momenti. L'iniziale attacco all'arma bianca con la presenza massiccia di estratti dal secondo disco "Around The Fur", da cui una "My Own Summer" che non lascia prigionieri (interpretazione violentissima che non lascia fermo nessuno dei presenti ai loro posti), una seconda parte più rilassata, da "White Pony", "Change (In The House Of Flies)" e l'originariamente cantata con Maynard James Keenan dei Tool "Passenger", passando per le atmosfere rarefatte di "Teenager". Terzo atto è la memorabilia del periodo più crossover dei Deftones, quello più face to face, con Chino che spinge il pubblico a un (mal riuscito) circle pit. Di seguito le mazzate rap core di "Back To School" ma soprattutto dell'ormai cult song, almeno per chi ha amato quelle sonorità di fine degli anni ottanta e metà novanta, "7 Words". I cinque ragazzoni di Sacramento, con Chino ormai ridotto a un torso nudo luminescente dal sudore, salutano commossi mentre la gente, che riguarda il quadrante dell'orologio un'ora e tre quarti dopo l'inizio del concerto, aspetta trepidante sino al momento in cui le luci illuminano tutta la sala.

Qualcuno si dispiace per non aver sentito i classici "Bored" e "Head Up" (una delle live song più devastanti di sempre) ma il sentore è che siano dettagli per una band che, come poche, ha nel suo bagaglio un repertorio di altissimo livello che non teme defezioni. Grande gruppo, oltre qualsiasi etichetta e genere rimastagli appiccicati nel corso degli anni.


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