Priest Feast
21/02/09 - Wembley Arena, Londra


Articolo a cura di Marco Ferrari

Il primo teorema di Spaziorock cita: il grado di passione verso la nostra amata musica è direttamente proporzionale alla irrazionalità nel compiere le proprie scelte.  Purtroppo pensavo di iniziare, con il raggiungimento della maturità personale, ad essere immune a tali pericoli, ma fortunatamente non è andata proprio così ed eccovi il resoconto della mia ultima follia a base di rock, birra e… Judas Feast. Buona lettura.



Servizio a cura di Marco Ferrari e Laura Olmi


2  Ottobre 2008. E’ apparentemente una tranquilla mattina autunnale quella che mi vede immerso e concentrato nel lavoro finchè non decido che è arrivato il momento di concedermi una breve pausa. Apro il mio MySpace e leggo la notizia che Judas Priest, Megadeth e Testament daranno vita ad un festival itinerante che prima di fare tappa in Europa, attraverserà, da nord a sud, tutto il Regno Unito ed ecco che, senza rendermene conto, nel giro di dieci minuti ho in mano il pacchetto completo: 2 biglietti per la data di Londra, 2 biglietti aerei di andata e ritorno per la capitale mondiale del metal e cinque notti prenotate in albergo per far sì che un concerto importante diventi un'esperienza indimenticabile della mia vita. 


18 Febbraio 2009. Dopo mesi di spasmodica attesa è finalmente giunto il giorno della partenza ed è così che, dopo un viaggio comodo e puntuale, la squadra di www.spaziorock.it  può finalmente riposare le stanche membra nella camera di un grazioso albergo alle porte di Hyde Park, pronti per respirare a pieni polmoni la caotica, quanto ordinata, vita londinese.


21 Febbraio 2009
. Dopo due giorni di tour "cultural-alcolico" nei quali la visita a monumenti storici e l’assaggio delle migliori birre inglesi si sono alternati con una puntualità per cui avremmo potuto ricevere i favori della Regina, è arrivato il momento: la Wembley Arena ci attende.


Al termine di un viaggio in metrò non certo breve usciamo dalla stazione e veniamo accolti da uno spettacolo incredibile: un lungo viale alberato ci si presenta davanti e in fondo ad esso la maestosità del nuovo stadio di Wembley che si erge in tutto il suo moderno splendore. Una breve passeggiata ci porta alla piazza antistante la Wembley Arena, storica venue londinese che non ha saputo resistere alla tentazione di darsi un look al passo coi tempi sintetizzando il pensiero inglese: innovatori ma con salde tradizioni nel passato.


L’atmosfera che si respira ha quasi dell’irreale con i fan sorridenti disposti in ordinate file per l’acquisto dell’amata birra ed è così che la mezz’oretta che ci separa dall’inizio dei concerti viene spesa in simpatica e colorita compagnia finchè uno speeker annuncia l’imminente inizio del festival indirizzandoci all’ingresso del palazzetto.

L’impatto visivo offerto dall’interno della Wembley Arena è abbagliante per un evento che registra il quasi tutto esaurito e ha convogliato parecchie migliaia di fan pronti per rendere onore a tre dei più grandi protagonisti della storia del metal.


L’inizio del Priest Feast è affidato ai thrasher americani Testament i quali danno vita al set più trascinante della serata grazie ad una prestazione maiuscola da parte di tutta la band e ad una proposta musicale che scatena le prime file in un pogo selvaggio. L’ugola del gigante buono Chuck Billy pare tornata quella dei tempi migliori ed il bravo frontman utilizza tutto il suo repertorio di smorfie ed atteggiamenti per infuocare il pubblico. Come sempre da applausi le prestazioni dei due veri fuoriclasse della band, Alex Skolnick e Paul Bostaph che non mancano d’ impressionare per il loro mix di tecnica ed esplosività in sede live. Unica pecca del concerto è il breve tempo a disposizione nel quale la band californiana cerca un equilibrato connubio da presente e passato con le sempre verdi “Souls Of Black” e “Sins Of Omission” per arrivare alle neonate “More Than Meets The Eye” e la conclusiva “The Formation Of Damnation”. Non mancano ovviamente  gli estratti dall’acclamato “The Legacy” che con “D.N.R.”  e l’esplosiva “3 Days In Darkness” dimostrano come il buon thrash metal non sia stato prodotto solo negli anni ’80. Un concerto convincente e coinvolgente come da migliore tradizione Testament.

testament

Dopo un brevissimo cambio di palco passato in coda per recuperare beni di prima necessità come patatine fritte e birra, arriva il momento del secondo act della serata: signore e signori, i Megadeth di mr. Dave Mustaine. Come nell’ultimo tour di supporto a “United Abomination” l’inizio dello show è scandito dalla graffiante chitarra del biondo frontman che ci regala un’entrata in grande stile, come antipasto ad un’ora di ottima musica condita dal carisma inarrivabile di un Dave Mustaine incredibilmente loquace. La set list è lunga ed ottimamente articolata grazie ad una sapiente miscela di brani recenti e passati che si alternano con sorprendente fluidità. Partendo dall’ottima “Sleepwalker” e passando dalla velenosa “Skin O’ My Teeth” il risultato non cambia grazie al supporto che la sessione ritmica garantisce e soprattutto grazie all’altissima qualità che solo un fuoriclasse della sei corde come Chris Broderik riesce a garantire. Maestosa l’esecuzione di “In My Darkest Hour” che fa da trampolino verso un gran finale dove tutti i classici della band vengono riproposti; brani come “Hangar 18”, “Symphony Of Destruction”, “Peace Sells”  e “Holy War” non hanno bisogno di presentazioni e ci donano un act memorabile a conferma che quando mr. Mustaine è in serata non possiamo che rendere omaggio a tutta la sua folle classe. Applausi.


megadeth


Ogni volta che vedo i Judas Priest vengo preso da strane vertigini, e non parlo degli effetti collaterali della birra, ma di una sorta di sindrome reverenziale che dopo due ore di trance mi fa ritrovare a fine concerto con gli occhi pieni di lacrime. Ovviamente anche questa volta l’epilogo si è ripetuto, ma ora andiamo con ordine per raccontare quella che è senza dubbio stata la miglior prestazione che abbia mai visto dei cinque pionieri dell’heavy metal.


Come annunciato non vi sono variazioni rispetto alla scaletta proposta durante i festival estivi ed anche l’imponente scenografia conferma il fatto che questo festival altro non è che il gran finale del lungo tour di supporto al discusso “Nostradamus”. Dopo l’opening act affidato dalla recente accoppiata “Dawn Of Creation” – “Prophecy” il quintetto inglese riversa sui propri connazionali una serie interminabile di classici che vengono accompagnati con trasporto da un pubblico totalmente nelle mani del magnetico Halford, che dimosta di essere in gran spolvero. La successione di capolavori è impressionante e brani come “Metal God”, “Eat  Me Alive”, “Between The Hammer And The Anvil” rappresentano solo l’antipasto che porta ad un combo da applausi: “Breaking The Law” ed “Hell Patrol”. Si arriva così ad un momento in cui i Preti decidono di far rifiatare il caldissimo pubblico con le antitetiche “Death” e “Dissident Aggression”, prima delle intime e deliziose sonorità dipinte dalle note di “Angel”, brano nel quale il Metal God per antonomasia, ci regala una prestazione da brividi per intensità e pathos.
 

judas


Ci si ritrova così, senza nemmeno essercene accorti, sulla strada che porta al gran finale dello show che inizia con l’accoppiata heavy metal per eccellenza, “The Hellion” – “Electric Eye”, prima del trittico d’autore formato da un’ottima “Hard Rock Ride Free” (e qui mi preme sottolineare la prova senza sbavature di Halford) , “Sinner” e la sempre presente, quanto difficile, “Painkiller”. Si giunge quindi al più classico degli encore durante il quale la voglia e la grinta della coppia d’asce KK Downing – Glen Tripton (119 anni in due!) non conoscono cali durante alcuni dei riff più celeberrimi del quintetto inglese: “Hell Bent For Leather”, “The Green Manalishi” e la conclusiva “You’ve Got Another Thing Cooming”.

wembley


E' l'ora di tornare in albergo, e lo facciamo per mezzo di un festoso treno della metropolitana che ci permette di chiudere nel migliore dei modi una serata memorabile sia per il blasone delle band in cartello che per la classe con cui sono state riproposte alcune delle pietre miliari del metal.


23 Febbraio 2009
. Si torna a casa consci non solo di aver fatto una bella, anche se breve vacanza, ma di aver vissuto un evento come un’avventura e che, come tale, non potrà far altro che rimanere impressa per sempre nella mente e nel cuore.




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool