Converge - Axe To Fall Tour 2010
04/08/10 - Circolo Magnolia, Milano


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C'è fermento a Milano nei pressi dell'Idroscalo, lo si avverte forte tra i presenti comprese le numerosissime (e bastardissime) zanzare che infestano il Circolo Magnolia. Mini festival con il meglio, o quasi, dell'hardcore di nuova scuola, quello più veracemente conglobato dal metal che questa terra possa offrire.

I norvegesi Kvelertak hanno l'infausto compito di aprire le danze, il loro mix di hardcore, metal nordico e rozzo punk cantato fieramente in lingua madre è un pugno nello stomaco, estratti dal buon esordio omonimo e con l'inno conclusivo "MJØD" spingono violentemente i soddisfatti paganti verso il secondo step di questa discesa verso gli inferi del rock and roll più marcio.

Dal nord Europa alle montagne rocciose dello Utah, i Gaza riempiono, con la loro ingombrante fisionomia, il palco mettendolo a dura prova con la goffa presenza scenica del cantante, due abbondanti metri di altezza dediti a un hardcore screamo che ricorda, a tratti, i cari e vecchi Bloodlet. Il pubblico sembra apprezzare parecchio, inizia a scuotere le teste e a sudare (ancora poco, a dire il vero, ma il meglio deve venire) benedetto più volte dal blasfemo front man. Da rivedere.

La pausa post Gaza disperde i già numerosi presenti tra dischi, magliette e poster, chi continua a idratarsi con qual si voglia liquido alcolico e non, preparandosi alla venuta del quintetto di Savannah, vero orgoglio sudista. I Kylesa sono una macchina da guerra, li avevamo lasciati allo sfortunato tour di "Static Tension", di spalla ai Coalesce, il chitarrista e cantante Philliph Cope era rimasto, per problemi di scartoffie burocratiche, fuori dai confini del vecchio continente compromettendo la line up del tour. Il live set prende subito forma, scorie di crust punk, stoner rock, sludge metal è carta vetrata sulle facce dei fan, attenzione chiaramente focalizzata sull'ultimo lavoro della band, il già citato "Static Tension". "Scapegoat", con l'incedere dei due batteristi (che nell'economia della band non sono così imprescindibili) e l'alternarsi biblico delle voci con una Laura Pleasant in grande forma, la sabbatiana "Running Red" o la cavalleria metallica di "Hollow Severer" (estratto da "Time Will Fuse Its Worth") non lasciano riprendere il fiato. Trascurato l'indimenticabile esordio omonimo, ma questi sono dettagli, lascia comunque esterrefatti il volume della voce di Philliph, sovrastata dalle chitarre, errore tecnico che compromette un live per questo motivo claudicante. Che la sorte non sorrida a Cope s'intuiva dal precedente (mancato) tour ma questo è sembrato quasi un sabotaggio alla sua persona.

Il Magnolia è pieno raso, assiepate centinaia di persone, rumoreggiano, il clima è tutt'altro che freddo e nichilistico, i ragazzi presenti stringono amicizie grazie alla forza comunicativa del Rock, basta una maglietta di una band per sigillare una nuova conoscenza o uno scambio di numeri telefonici. Rapidamente sul palco compare l'effigie dei granitici Converge e il nero della notte diventa improvvisamente ancora più scuro. Jacob Bannon si riscalda saltellando da una parte all'altra del palco, grinta che fuoriesce da ogni tatuaggio che ricopre la sua pellaccia dura, serioso e determinato, si tramuta in un folle burattinaio di masse deliranti in quest'afosa nottata milanese. Con gli anni, passati dagli albori discografici d'inizio anni novanta tra Hydra head ed Equal Vision, sono riusciti a evolvere e mutare il loro sound tecnicissimo, ma allo stesso tempo diretto e rozzo, sino ad arrivare a un modello inimitabile, quanto basta per non farli sprofondare nel cimitero dei gruppi new school hardcore degli anni novanta soffocati tra noia, ripetitività e mancanza d'idee. D'idee invece i Converge ne hanno molte, il pubblico ha il giusto riciclo, ben equilibrato tra giovani e meno giovani, nonostante la scaletta del concerto non privilegi particolarmente le (magnifiche) produzioni pre "Jane Doe". "Concubine" e "No Heroes" ci ricoprono di lamiere hardcore compresse da un cantante che è la vera forza aggiunta del combo americano, si contorce e si dimena come un dannato, contagiando il pubblico in visibilio. Delirio sotto il palco, Jacob chiama un circle pit che non partirà mai, non importa, è un continuo groviglio di gente che si tuffa in un mosh senza sosta, i Converge apprezzano e regalano un bis al fulmicotone, la sofferta "Last Light" tratta dal sottovalutato "You Fail Me", che suggella un concerto in crescendo che ha lasciato pochi insoddisfatti. Sembra di sentire ancora nelle orecchie la colata di cemento di "Axe to fall" tanto entrata in profondità, Jacob scende dal palco e ringrazia ripetutamente tutta la prima fila, stringe mani e si presta per le solite foto di rito, onesto e fiero, conferma cruciale del raggiungimento di uno status da cult band.

Un'ultima considerazione, abbiamo parlato dello show, della gente, della musica e del locale ma vogliamo spendere due parole sui volumi ridicoli destinati, per legge, a questi eventi live? Il sindaco Moratti, invece di presenziare in pompa magna il concerto di Mike Patton (progetto "Mondo Cane") all'Arena Civica di Milano, perché non si presenta una sera a qualche concerto più irruento come quello, appunto, dei Converge? Un salto al Magnolia per rendersi conto di quanto non sia idonea, per tutta la musica rock, una normativa del genere? Quanto rimpiango le orecchie fischianti da day after...


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