Ottaviano, molti ti conoscono come speaker ed autore radiofonico dopo il grande successo di “Virgin Motel” che però ormai ha chiuso dal luglio del 2010, sei anche un attore cinematografico con una serie di apparizioni in produzioni di primo livello, però sei anche un musicista ed un rocker purissimo. Quale di queste anime prevale, o coesistono tutte assieme?
No, in realtà queste anime si compensano e si integrano fra di loro, anche se sono diversi anni che sto con le tende chiuse, perché la mia prima necessità è quella della qualità. Il prezzo della qualità però è quello più alto da pagare, è un lusso che mi costa caro, ma è il solo modo per offrire al pubblico qualcosa di vero, di sincero. Il rischio infatti è quello di essere sempre arrotondato, modificato, da qualche organizzazione più forte di te, per renderti più appetibile alla massa, intesa come elemento espanso della società. Mentre l’artista vero è quello degli anni ’60, quello che sta sul palco, che non ha bisogno di mascherarsi o mostrarsi per qualcosa che non è, alla ricerca di un pezzo da classifica da bruciare in quattro settimane, in qualche concerto o attraverso uno o due album e poi basta. Quindi la mia scommessa è quella di non fare musica che non mi va. La mia storia più recente inizia nel 2008, quando ho ritrovato due produttori di Napoli con cui avevo già lavorato e che hanno mostrato grande interesse per la mia musica, di stampo assolutamente britannico, al punto da coinvolgere addirittura nel progetto una batterista come Cindy Blackman, nota per aver suonato per anni con Lenny Kravitz (ndr: e molti jazzisti di livello) nonché compagna di Carlos Santana. Il tutto si è realizzato in un album bellissimo di dodici tracce, con missaggio e masterizzazione di altissima qualità e costi; purtroppo però all’ultimo momento i produttori si sono tirati indietro ed il disco non è mai uscito, perché io ero solo in veste di cantante e non co-producevo l’album, cosa che mi ha impedito di subentrare nell’operazione e portarla a compimento. Di tutto questo rimangono solo un paio di singoli su iTunes, come “Baby Baby”; in tour chiaramente ho tentato di tenere vivi tutti questi pezzi, perché rappresentano bene una parte di me.
Che chances concrete ci sono che questo album venga pubblicato?
Alcuni dei brani mi appartengono comunque, e in ogni caso abbiamo raggiunto una serie di accordi. Tuttavia riproporle in quella veste implicherebbe una serie di aggiustamenti, quindi il mio interesse è piuttosto quello di rendere vivi i brani in sé, nel senso che ho tutte le possibilità di trovare per loro una nuova veste. Quella esperienza però mi ha insegnato a non dipendere più da nessun altro, al punto che mi sono allestito uno studio di registrazione tutto mio, dove lavorare a mio piacimento anche non-stop, senza orari e rivendicazioni da parte di terzi o senza passare per uno stakanovista selvaggio. Così posso fare di testa mia ed avere il controllo sulle mie canzoni, perché negli anni ho anche acquisito una certa pratica con tutti gli strumenti, tranne quelli a fiato e quelli ad arco. Questo mi ha reso indipendente, anche a costo di rimanere sommerso ma col grande vantaggio di aver potuto scegliere di non essere inquinato. Infatti io non ho quasi niente su YouTube che per così dire possa avermi marchiato e che possa rimanere per sempre ad indicare qualcosa di poca qualità che non sono io. C’è solo un singolo “No Fun” (un brano mio) che avevo fatto coi Loose Headz (un duo electro), che però poi non ha portato sviluppi; anche in questo caso infatti ho preferito sottrarmi perché a mio avviso nel progetto non c’era chiarezza né una vera direzione.
Tornando però ai brani mai usciti, ma che in parte si possono ascoltare su MySpace, devo dire che mi sono piaciuti molto. È rock schietto, sincero e pulito, scariche oneste da tre minuti l’una. Mi ricordano ad esempio Billy Idol, Lou Reed, Iggy Pop, qualche eco addirittura David Bowie.
Io mi sento più che altro molto vicino a Mick Jagger, ma è indubbio che queste contaminazioni siano innegabili, anche se sotto un aspetto vocale devo rischiare di essere me stesso. La cosa che più conta però è avere molto da dire; a vent’anni non ci sarei mai riuscito, ora invece mi sento molto pronto ad esprimermi.
Venendo al presente allora, tu stai preparando un nuovo disco.
Sono chiuso in studio da un anno e mezzo, tranne quando non sono impegnato col cinema, ed ho messo assieme tanto materiale veramente mio, in cui ho riversato anche l’amore per l’elettronica che mi viene dalla passione per Alan Parsons e i Pink Floyd prima e per i Depeche Mode dopo. Accostare il rock all’elettronica però è un esercizio un po’ difficile, soprattutto dal vivo, cosa che mi fa sentire alcune volte un po’ sospeso. Ma sto tentando lo stesso di mantenere un po’ tutte queste influenze, anche per sentirmi libero di comunicare in modo più completo e articolato senza trovarmi abbinato a delle etichette precise. Al punto che sono quasi felice che la versione originaria di “Baby Baby” non sia mai uscita veramente, perché ora la posso presentare in un modo diverso, più mio, ma sempre con la sua patina grezza.
La punta dell’iceberg della tua nuova attività è rappresentata dal video “Deranged”, che di fatto è un cortometraggio dove confluiscono le tue doti di autore, attore e musicista ed al contempo lancia il tuo nuovo singolo “Running Away”.
Si. Tutto nasce dalla mia volontà di fare un video di questo singolo, ma poi nello scrivere il suo soggetto mi è venuta una vera e propria storia, che si è allungata fino a diventare un corto di 19 minuti; nei fatti dal video del brano attorno è stato costruito il corto. Di questo devo ringraziare soprattutto una produttrice davvero coraggiosa, che si chiama Claudia Ferrero, che ha scommesso molto sul progetto. Il film adesso sta ottenendo grandi riconoscimenti, primi fra tutti l’inserimento nella selezione ufficiale dello Short Film Corner del Festival di Cannes di quest’anno e la vittoria al Festival di Amsterdam nella sezione corti. Ora stiamo procedendo ad iscrivere il film ad una serie di altri importanti concorsi a cui speriamo di partecipare, Madrid, Abu Dhabi, Barcellona, Belo Horizonte, l’Interfilm di Berlino prima del Festival di Berlino vero e proprio a febbraio, Berna, Clermont-Ferrand il più prestigioso in Europa, il Sundance negli Stati Uniti a gennaio, Cork, Lisbona, Montreal, Locarno, il Raindance a Londra, Lund, Nizza, Rio de Janeiro, Teheran, Torino, Uppsala e speriamo anche a settembre a Venezia.
Quindi l’uscita di “Running Away” ed eventualmente di una collezione potrà subire dei ritardi in ragione di tutta questa attività sul film.
Di fatto si, ovvero per la necessità di non vedermi fermo sto facendo un po’ il passo del gambero, andando a ritroso e sacrificando l’uscita dei brani a tutto quello che si sta scatenando attorno a “Deranged”. In più mi auguro che la visibilità che avrò dal film mi agevoli nel trovare la giusta casa discografica, magari in Germania o in Inghilterra. Ho composto e suonato tutte le musiche del film, sono lo sceneggiatore ed il regista (con l’aiuto di Roy Bava, figlio di Lamberto e nipote di Mario). Poi, appena le condizioni si faranno favorevoli, mi concentrerò almeno su un EP di sei brani, anche se fra cinquanta ne ho già pronti almeno quattordici (ndr: ne abbiamo ascoltati in esclusiva almeno cinque, tutti ottimi); e nel frattempo faremo delle date dal vivo.
Beh,dacci sotto, non farci aspettare troppo Blitch!
Ottaviano Blitch (Ottaviano Blitch)
Nel 1988 Simon Frith (fratello di Fred Frith, grande musicista inglese che collaborò fra i tanti anche con Robert Wyatt e Brian Eno), uno dei più autorevoli critici e studiosi di musica pop e accademico britannico, pubblicò il saggio “Il Rock è Finito”, un lavoro di riferimento per tutta la critica musicale internazionale. Ovviamente aveva ragione ma certo non poteva sapere, anche se magari lo sperava, che a distanza di tempo sarebbe arrivato un personaggio come Ottaviano Blitch, un artista anglo-italiano che ha tutte le caratteristiche per smentire (almeno parzialmente) quella pesante affermazione. Su Blitch il sipario si deve ancora squarciare; meglio conoscerlo e sostenerlo ora, perché dopo sarà troppo facile dire “io lo sapevo…”.
Fotografia in copertina: Eloise Nania
Fotografia interna: Mauro Angelantoni
Articolo a cura di Arcangelo Accurso - Pubblicata in data: 29/06/12
Fotografia in copertina: Eloise Nania
Fotografia interna: Mauro Angelantoni
- King Nun (Theo)
- Coheed And Cambria (Travis Stever)
- Anette Olzon (Anette Olzon)
- The Hellfreaks (Shakey Sue)
- Robben Ford (Robben Ford)
- Wolves In The Throne Room (Aaron Weaver)
- Destruction (Schmier)
- Bob Malone (Bob Malone)
- Powerwolf (Falk Maria Schlegel)
- Opeth (Mikael Åkerfeldt)
- Piero Pelù (Piero Pelù)
- Van Canto (Stefan Schmidt)
- Pino Scotto (Pino Scotto)
- Whispering Sons (Fenne Kuppens, Kobe Lijnen)
- Vexed (Vexed)