The Magpie Salute (Rich Robinson)
In occasione della nuova uscita dei The Magpie Salute, Rich Robinson si siede a tavolino con noi e ci presenta una chiacchierata a 360° gradi, dai The Black Crowes fino all'ultima fatica discografica, proponendoci curiosità, aneddoti e punti di vista di uno dei chitarristi più influenti e apprezzati della scena blues. 
Articolo a cura di Priyanka Kugathas - Pubblicata in data: 10/08/18

Si ringrazia Sergio Mancuso per le domande

Salve Mr. Robinson e benvenuto su Spaziorock.it! Come vanno le cose?


Ciao, va tutto bene e tu come stai?


Tutto bene, grazie! Com’è nato il tuo nuovo disco  “High Water I”? Qual è l’idea che c’è dietro?

 

Be'.. sai, l'anno scorso eravamo in tour da nuova band e non sapevamo esattamente cosa avremmo fatto. Ci stavamo divertendo, celebrando tutta la musica creata insieme. Poi abbiamo iniziato a pensare a cosa volessimo fare come gruppo. Volevamo veramente realizzare un nuovo disco, è anche ciò che ci si aspetta dallo schema del combo. Con la fine del tour, abbiamo iniziato a scrivere più canzoni. Sapevamo che volevamo andare in studio agli inizi del 2018, rilasciare l’album e poi andare nuovamente in tour. A grandi linee è successo questo. Tra la fine del tour e gennaio, io, Marc Ford, John Hogg abbiamo trovato il tempo e abbiamo iniziato a scrivere, stando poi in studio fino alla fine di febbraio. Per arrivare al punto, è un modo molto naturale e organico di fare un disco. Non facciamo prove, non cerchiamo di raggiungere una sorta di perfezione, siamo istintivi. Volevo conservare le energie per il tempo in studio, sai arrivi lì e hai un tempo limitato per registrare, hai 29 canzoni da registrare nel giro di 21 giorni. Tu crei quell'energia per fare il disco. 

 



themagpiesalute2018_600

Il titolo dell’album “High Water I” significa che ci darai un “High Water II” presto? E’ un multi-part project? 

Si, sono due dischi, entrambi già registrati. Il primo sta uscendo, il secondo non ancora. Sai, vogliamo che la gente ascolti questo prima di far uscire l'altro. Rappresentano comunque un'unica opera.

 

Tu suoni un genere di musica che è senza tempo e di alta qualità e, soprattutto, penso che si potrebbe dire che non ricopre le attuali tendenze di mercato. E’ questa una scelta cosciente coraggiosa o è solo la tua personale idea di suonare la musica? 

 

Sai, io scrivo musica che mi piace, non sono interessato a scrivere musica da vendere. Molte persone purtroppo lo sono, a causa anche del fatto che i proprietari delle etichette  si sostituiscono a questo tipo di industria provando a dire agli artisti come scrivere, suonare e creare. E' una sorta di dinamica malsana che crea l'industria creativa... cioè intendo dire era una forma di espressione, lo è sempre stato. Vuoi suonare? Vuoi piacere alla gente? Vuoi avere successo? Ma penso che concentrarsi solo su questo, e non preoccuparsi degli elementi creativi, sia molto devastante. Penso che molti musicisti, circa il 95% di quelli attuali, facciano così; creano musica per cercare di vendere un prodotto, come se non ci fosse una differenza tra questo e un tostapane. Scrivo musica che mi ispira e che è autentica, questo per me ha un grande valore. Non mi importa dei vari generi musicali o se siamo popolari o meno.  

 

Abbiamo veramente amato “Sister Moon”, una canzone psichedelica, alla Pink Floyd e surreale, e “Color Blind”, una traccia ‘meridionale’ e dal sound blues. Quali sono state le tue fonti di ispirazioni per questi brani? 


Marc, John e io ci siamo riuniti e abbiamo messo tutto ciò che avevamo sul tavolo, è come un puzzle, inizi a creare un'immagine, prendi quella parte e la sposti e così via. Noi cerchiamo di servire le canzoni, cerchiamo di fare quel che è giusto per il brano e il disco. Quel che mi piace di "Sister Moon" è che Marc l'aveva scritta con la chitarra, John l'ha presa e l'ha trasposta in una parte col piano. E quella è la canzone di John e Marc ed è una delle mie preferite del disco e spero che abbia catturato l'emozione perchè è quello che mi interessa veramente. Con "Color Blind" avevo l'idea musicale e ne ho parlato con John, lo conosco da un un bel po' di tempo, quasi 20 anni. Sono sempre stato affascinato dalla sua prospettiva di vita, sai? Sua madre è africana e suo padre è svedese e questi elementi culturali, cioè essere cresciuto con una madre dalla pelle scura e un padre dalla pelle chiara, a Londra durante quell’epoca... cioè è una prospettiva brillante dal punto di vista umano! Il colore (della pelle, ndr) non è assolutamente un problema. Gli ho chiesto di scrivere una canzone su questo, raccontando com'è e cos'è, e John ha così scritto il testo. La prima volta che la sentii pensai fosse fantastica, era una cosa fantastica su cui scrivere, così come lo è il modo in cui si è posto. La sua lotta e come ha vissuto e con cosa ha avuto a che fare sono veramente commoventi. 

 

The Magpie Salute è un nome molto particolare e divertente. Era questo il genere di reazione a cui puntavi? E cosa significa? 


Quando cercammo di mettere questa cosa in piedi, pensavamo fossero solo un paio di show, ma quando li abbiamo fatti, realizzammo che c'era qualcosa di più grande ed un prossimo passo da fare. Quando volevo dare un nome alla band, sapevo che noi tre saremmo comunque stati chiamati "quelli che erano nei Black Crowes", sarebbe stato inevitabile. Un "Magpie" è un cugino del corvo. E' legato ad esso, ma non è un corvo. E a me il nome "The Magpie" piaceva, ho pensato fosse brillante. Mi piace il fatto che il Magpie è bianco e nero e scavando di più sui Magpie è uscito fuori che la gente nel mondo li saluta come segno di fortuna durante una giornata dura. Lo stesso per i Magpie Salute, noi veniamo in pace, non sono armato e il modo in cui salutano il Magpie è "Buongiorno Capitano!" (Good morning, Captain, ndr). Tutte queste cose sono andate a coincidere nel nome della band. Ricorda un significato profondo che è anche quello verso cui siamo diretti. Mi piace veramente. 

 


richrobinson_600

I Black Crowes erano una parte importante della musica americana. Cosa ci puoi dire riguardo alla separazione? 


Sai, mi sembrava una gara. Io e mio fratello.. sai la famiglia può essere già di per sé dura, poi ci aggiungi il ruolo di partner compositore e business partner e diventa una sorta di catena nella vostra relazione. Essere a capo della band ha fatto vacillare la relazione tra me e Chris, portandola a diventare incredibilmente negativa e tossica. Era giunta l'ora. La cosa positiva di tutto questo è che noi possiamo imparare da ciò che abbiamo passato nei Black Crowes e non fare lo stesso errore in questa band. Sven, Marc e io siamo stati in una situazione difficile e sappiamo benissimo di non voler ripercorrere quella strada di nuovo. 

 

Mi dispiace tanto per quel che hai e avete dovuto passare.. 


(ride ndr) Tranquilla, sai è il corso della vita. "Life can happens", è quel che è. 

 

Concordo. Il vostro disco precedente, “Conversation”, è stato rilasciato nel 2012. Come mai ti ci è voluto così tanto per scrivere un nuovo disco? 


Personalmente ho scritto 12 dischi in questi anni. I Black Crowes hanno rilasciato due dischi nel 2007 e nel 2009, io ho scritto 4 dischi da solista e 2 EP, sempre da solista, nel 2011, 2014, 2015 e 2016 e poi abbiamo fatto questi due album. Ho lavorato tanto come vedi (ride, ndr)

 

Abbiamo sempre amato Robinson, non solo come leader chitarrista di una band, ma anche per la sua carriera acustica da solista. Come fai a riuscire a bilanciare queste due esperienze? 


Beh, vado verso dove mi sento di andare, senza neanche stare lì a pensarci, lo faccio e basta. Lo facciamo tutti ed è fantastico. La musica mi porta davvero gioia ed davero è un grande regalo suonare. 

 

Eravamo presenti a  Roma durante il tuo tour acustico. Cosa ricordi di quello show e del tempo trascorso nella nostra capitale? 


La mia famiglia era con me quindi viaggiavamo io, la mia band, il tecnico delle chitarre e il tour manager. E in verità John Hogg era in apertura al mio concerto! E' stato veramente straordinario! E' sempre una bella opportunità suonare musica in giro per il mondo e sì, ho suonato a Roma, a Milano, a Torino e a Modena. Ti dico la verità, potrei fare un tour per un anno in Italia (ride, ndr). E' fantastico! Mi è sempre piaciuto essere lì, facevo vedere i posti a mio figlio guidando e indicando le cose, l'aspetto architettonico, monumentale e la bellezza dell'Italia come Paese. E' veramente incredibile la vostra storia. Mio figlio, all'epoca aveva cinque anni, era molto interessato e molto felice, abbiamo guidato vedendo il Colosseo ed altri monumenti antichi. E' molto simile al Sud America, molto antica, molto ricca e puoi sentirlo proprio nell'aria. E' meraviglioso. Sai, mia moglie ha vissuto a Firenze per un anno, andiamo ogni volta in Italia, le nostre città preferite sono in Italia. 

 

Mentre aspettiamo per i tuoi prossimi show nel nostro Paese, ti dispiacerebbe lasciare un messaggio per i nostri fan o i nostri lettori? Grazie del tuo tempo! 


Non vediamo l'ora di venire in Europa con la band a novembre. Quando venite, siate sicuri di portare tre amici (ride, ndr). Fategli ascoltare un po' della nostra musica e venite a vederci live, così potremo tornare di più.




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool