Skillet (John Cooper)
John Cooper ci offre un quadro d’insieme del decimo album “Victorious” e qualche piccola
anteprima su un’inaspettata graphic novel firmata Skillet.
Articolo a cura di Lucia Bartolozzi - Pubblicata in data: 23/08/19

 

 Si ringrazia Mattia Schiavone per la collaborazione

 

 

Ciao John! Grazie mille per essere tornato qui su SpazioRock!


Grazie a voi!


Cominciamo subito?


D’accordo, sono pronto!


La mia prima domanda riguarda la scena a cui solitamente venite associati, il christian rock: credete che questa etichetta abbia scoraggiato una parte del pubblico dall’ascoltare la vostra musica?
Vi è mai capitato che per questo qualcuno vi criticasse o fosse intollerante nei vostri confronti?


Temo che sia così. Quando abbiamo iniziato tutto, non credevo avremmo avuto problemi: in America ci sono sia la parte dell’industria musicale cristiana sia quella rock e pensavo che avremo fatto parte di entrambe. Non credevo che fare parte della prima avrebbe significato essere marchiati. Credo che molti non conoscano abbastanza bene la scena del christian rock da poterla giudicare e penso che gli Skillet siano in qualche modo unici, pur facendone parte. Non scriviamo canzoni unicamente per i cristiani. Scriviamo canzoni sulla vita. Molti ci dicono che prima di leggere qualcosa in proposito, non avrebbero saputo niente sul nostro orientamento religioso. Scriviamo semplicemente canzoni su giorni bui e meno bui, su qualcosa in cui tutti si possono rispecchiare. Ovviamente io sono cristiano e ne sono fiero, parlo molto della mia fede, ma ciò non vuol dire che io ce l’abbia con chi non apprezza la mia band. Voglio solo dire a queste persone di ascoltarci solo per la musica e se questa farà presa su di loro, tanto meglio. Se non dovesse essere così, fa comunque lo stesso.
Alla fine alla maggior parte del pubblico non credo interessi l’orientamento religioso o politico del singolo artista. Almeno per me è così. Ho notato anche che ci sono persone, che io chiamo gatekeepers e che si comportano come veri piantoni. Possono essere fra il pubblico o nelle case discografiche e fanno sì che non ci sia contaminazione fra le due fazioni diciamo. Ci sono un sacco di discografici che odiano il christian rock e non vogliono esservi associati. Ancora oggi abbiamo problemi a essere trasmessi su qualche stazione.


Hai sempre detto di essere affascinato dall’evangelizzazione, dal portare avanti un messaggio. Nonostante questo, i vostri testi non sembrano voler forzare la vostra visione su altri. Come riesci a rimanere neutro?


Penso che uno dei modi migliori di far passare un messaggio sia essere più inclusivi e tolleranti nei confronti degli altri. Faccio un esempio: ho molti amici vegetariani o vegani. Non mi importa cosa mangiano, ma quando mangio carne, non voglio che mi dicano costantemente quanto sono crudele e ripugnante mentre mi cibo di un animale, ma uno dei miei amici non si comportava in questo modo. Lui è vegano ma parlando, mi ha sempre esposto le proprie ragioni per esserlo, senza contrastare la mia opinione. Ascoltando lui, ho capito davvero qualcosa e ho provato anche io a diventare vegetariano. Spero che la mia vita passi il messaggio che vorrei trasmettere a tutti. Ti faccio un altro esempio… Caspita, sono troppo abituato a farli! (ride, NdR). Una volta ero all’aeroporto con i miei figli e stavamo cenando, divertendoci e chiacchierando tutti insieme attorno al tavolo. Quando mi sono alzato per pagare, il cameriere mi ha detto che qualcuno aveva già provveduto a farlo. Era stata una signora sui settant’anni, seduta vicino a noi. Non riuscivo a capire perché avrebbe dovuto fare una cosa così, così le ho chiesto il perché. Per lei era stato bello vedere dopo tanto tempo una famiglia che riusciva a comunicare senza telefoni, a divertirsi. Ho pensato che quello della signora fosse stato un bel modo di far sentire apprezzato un genitore che sta educando i propri figli e che il mio fosse stato senza volere un modo di incitare altre famiglie a fare lo stesso.

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Qual è il messaggio dietro “Victorious”, il vostro nuovo album?


“Victorious è un album che vorrebbe ispirare le persone ad affrontare i propri problemi, di qualsiasi natura essi siano. Penso che questo sia un periodo splendido per essere al mondo, considerando il progresso che stiamo vivendo. Al contempo, anche se ci sono più cibo e benessere di prima, anche se abbiamo la libertà, qualcosa dev’essere andato storto se mi sto chiedendo perché i suicidi e i casi di depressione stanno aumentando. Le persone si sentono sempre più sole e credo che molti non siano pronti a fare i conti coi problemi della vita. Non correre via davanti alle difficoltà, ma invece di scappare lotta e sii forte: è questo il messaggio che volevamo dare.


In generale il messaggio è confortante, intenzionato a spronare qualcuno nel momento del bisogno ma credo che “Legendary” in particolare sia una traccia fatta per superare delle sfide.


Esatto! “Legendary” sostanzialmente è un inno alla vita. Abbiamo un tempo così limitato da vivere sulla terra e dovremmo cercare di sfruttarlo al massimo. Non c’è tempo per ascoltare chi ci impone di fare qualcosa o chi ci fa credere di non essere capaci di fare ciò che veramente vogliamo fare. Solo così si può veramente vivere una vita degna di una leggenda.


Credo che “Save Me” sia la traccia che ricorda di più il sound dei vostri primi lavori. Sei d’accordo?


È uno dei miei pezzi preferiti fra i nuovi, perché mi ricorda proprio i nostri inizi. Adoro il riff di chitarra. Credo sia una canzone che sarebbe potuta essere molto più melodiosa ma quello che volevamo fare era proprio bilanciare questo aspetto con un bel riff pesante e consistente. Sono molto soddisfatto del testo e credo renda bene l’atmosfera cupa della disperazione, del momento in cui più abbiamo bisogno che qualcuno ci tenda una mano.


Ho notato che in “Victorious” gli archi, che usavate spesso, si sentono molto meno. Da dove la scelta?


Beh, non è stata necessariamente una scelta. Anche per quest’album avevamo scritto molti pezzi pensandoli e registrandoli con gli archi. Abbiamo scritto circa 50 pezzi, credo 48 per essere precisi ma poi l’etichetta ha fatto una cernita da cui sono uscite molte tracce senza archi. Ero d’accordo con la scelta, perché discostandoci un po’ da quello che avevamo già fatto, abbiamo creato un prodotto a mio parere unico rispetto agli altri. La selezione che abbiamo fatto non è stata forzata, anzi rispettava la vera essenza dell’album. Ovviamente “Victorious” è un pezzo in cui gli archi hanno mantenuto il loro ruolo fondamentale e forse è proprio per questo che è il mio preferito. È sempre difficile rimanere fedeli alle proprie radici e cercare di incorporare elementi nuovi.

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Com’è stato accolto finora l’album?


Oh, per ora i fan sono stati entusiasti e questo è ciò che più mi sta a cuore. C’è stata un’esplosione di affetto e stima nei nostri confronti da parte loro e  una cosa così non succedeva da molto. È stato bello ricevere messaggi che dicevano che “Victorious” per qualcuno è il nostro album migliore. L’entusiasmo dei fan ci ha investito! (ride, NdR).


Mi è giunta voce che presto, a fine agosto, uscirà una graphic novel sugli Skillet! Parlami di “Eden: A Skillet Graphic Novel”!


Manca ancora poco ma non sto nella pelle! Sono un grandissimo fan di fumetti ed è sempre stato un mio sogno creare qualcosa del genere! Stavo aspettando di averne l’opportunità e mi si è finalmente presentata qualche tempo fa. Mi hanno chiesto di scrivere una bozza per la storia, per vedere se il progetto poteva decollare. L’autore, Random Shock, è stato da subito entusiasta e abbiamo trovato un artista assurdo, Chris Hunt, per lavorarci sopra. Volevo essere sicuro di avere una buona squadra per proseguire con l’idea, altrimenti avrei preferito non scrivere niente piuttosto che produrre una schifezza. La storia è molto interessante, un misto fra science fiction e sovrannaturale, direi un incontro fra Hunger Games e The Walking Dead. È anche un libro pieno di emozioni, a mio parere, molto sentito. È come la nostra musica: è coinvolgente, ma anche legato a un aspetto più spirituale ed è molto oscuro per certi versi ma pieno di speranza.


Quali sono state le sfide che avete affrontato creando il nuovo album, ma soprattutto la vostra graphic novel?


Per quanto riguarda l’album, io e Korey abbiamo deciso di prendere le redini della produzione. Abbiamo sempre avuto altri produttori alle spalle che creavano un certo tipo di sound per noi, ma volevamo avere più libertà e sperimentare. C’è molto pressione sapendo che il prodotto finale dipende da te stesso, ma la cosa ci ha anche motivati a dare del nostro meglio. Un’altra differenza è stata nella registrazione, essendo riusciti a portarla avanti mentre eravamo in tour. Di solito scrivo in tour e mi faccio prendere emotivamente da ciò che ho appena scritto, ma finisco sempre per registrare quei pezzi due anni dopo o quasi, alla fine di tutte le date. Registrare subito le nuove canzoni ha fatto sì che queste mantenessero la stessa atmosfera di quando le avevo pensate per la prima volta. Credo che questo si rifletta in tutto l’album, con molto trasporto.
Per quanto riguarda la graphic novel, essendo nuovo territorio per me, le difficoltà sono state molte, ma ero sicuro di una cosa: anche la storia che ho scritto è qualcosa di mio proprio come le mie canzoni, non è qualcosa di sconosciuto, impossibile per me da capire. Questa consapevolezza mi ha aiutato a gestire questo nuovo lavoro e le emozioni dietro di esso con più facilità.


Come va invece con il tuo side project, i Fight The Fury?



Al momento, siamo in pausa. Il progetto è stato davvero interessante ma per via degli Skillet ho dovuto metterlo da parte. Spero di poter pensare a un intero album per i Fight The Fury a partire dal prossimo anno.

 

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Visto che gli Skillet hanno cambiato molto il loro sound nel corso della loro carriera, ci sono generi o approcci diversi che vorresti provare in futuro?


Gli Skillet sono una band hard rock con sfumature metal, direi. Credo che sperimentare sia quello che cerco di fare in realtà proprio coi Fight The Fury. Come band, mi danno la possibilità di spaziare di più nell’ambito metal, essendo nati proprio come un progetto incentrato su quel genere, ma vorrei tentare un approccio verso il progressive prossimamente. Mi interessa molto ultimamente.  


Il 3 dicembre sarete in Italia, al Fabrique di Milano. Cosa possiamo aspettarci?


Sono molto emozionato e ho grandi aspettative, essendo il nostro primo tour da headliner. Penso che sarà un bello show. Del resto, gli Skillet sono conosciuti per i live, no? In tanti ci hanno detto che sul palco riusciamo a dare il nostro meglio e riusciamo a ispirare davvero il pubblico. Vogliamo proprio che sia così, vi aspettiamo!




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