Code Orange (Reba Meyers)
Giovanissimi e determinati: i Code Orange, in cinque anni di attività, hanno imparato come scalare, con le unghie e con i denti, la strada per il successo, ritagliandosi uno spazio importante nel panorama harcore. A raccontarceli è Reba Meyers, la chitarrista del gruppo.
Articolo a cura di Cristina Cannata - Pubblicata in data: 12/06/17

Si ringrazia Costanza Colombo per la collaborazione. 

 

Ciao Reba! Benvenuta sulle pagine di SpazioRock! Come va? Ti stai divertendo qui a Milano nonostante il cielo sia un po’ grigio?


Ciao! Grazie mille! Sì, assolutamente! Sono molto emozionata per lo show di oggi!

Son passati circa sei mesi da quando avete pubblicato il Vostro ultimo album “Forever”, il terzo nella vostra carriera. Come sta andando fino ad ora?


Assolutamente bene! Sai, per me è davvero importante capire esattamente quali sono le mie sensazioni riguardo ad un album. Se percepisco che abbiamo fatto bene, se son convinta che abbiamo scritto e composto bene, le persone risponderanno di conseguenza. Certo, non è una cosa che posso controllare personalmente, ma so di aver fatto il mio meglio e, se fai bene, vieni apprezzato. Sono davvero fiera di questo lavoro e mi sento bene a suonare queste canzoni, sento delle forti sensazioni riguardo i pezzi, delle forti connessioni con loro. E se loro si connettono bene con me, possono potenzialmente connettersi anche con qualsiasi altra persona. Quindi, va benissimo!  


“Forever” è sicuramente un titolo ambizioso per un album. Pensi di aver già scritto la canzone per la quale la gente si ricorderà di te? E, se no, cosa pensi sia necessario che una canzone abbia per rimanere impressa?

 

Non saprei, sai? E’ davvero una cosa difficile da dire. Facciamo musica da un sacco di tempo ormai, da quando abbiamo praticamente potuto farlo. Molto probabilmente scriveremo ancora tante altre canzoni, magari altre canzoni importanti, ma penso che tante canzoni in questo nuovo album siano dei pezzi davvero importanti. Per esempio “Forever”, questa canzone ha un significato importante. Non ho scritto io i testi, ma mi sento molto legata a quelle parole. Così come “Bleeding in the Blur”, anche questa è una canzone molto importante per noi, solida. Anche il video ha un suo significato. Mi piacciono molto queste canzoni, penso che potrebbero essere ricordate. Certo, magari scriveremo molte altre canzoni come queste, pezzi per i quali saremmo ricordati… magari… chissà.

 

Avete detto che questo terzo album è il più dark e pregno di dolore della vostra carriera. Questa direzione è stata intenzionale o semplicemente è uscito fuorì così, spontaneamente?


E’ stato intenzionale ma direi anche che c’è stata una spinta piuttosto spontanea e naturale. Nel senso, abbiamo il nostro stile e la nostra personalità, ma penso che, come band, siamo in grado di arricchirlo e di renderlo sempre migliore. Se analizzi bene il nostro sound noti tante sfumature, noti parti più hardcore, alcune più grunge, altre più morbide e semplici, ma comunque cerchiamo di mantenere un tono dark. D’altronde è questo che ci caratterizza: è quello che siamo. E’ parte integrante del nostro modo di essere, qualcosa che ci ha accompagnato nella crescita e che continua a farlo, qualcosa che ci ha portato anche al successo, se vogliamo. Quindì sì, è sicuramente naturale, ma anche intenzionale.


Beh a questo punto vorrei sapere quali sono le tue top 3 band per quando riguarda questa linea “dark” nel sound… non so, c’è qualche gruppo che prendete a modello, ad esempio?


Beh difficile risponderti, direi gli Alice in Chains. Ancora un’altra band per me sono Nine Inch Nails… ci sono un sacco di band dagli stili differenti che mi vengono in mente in questo momento: heavy hardcore, metalcore, grunge….


Non è un segreto una vostra dichiarazione circa l’andare in tour con certe band deathcore (“bargaing bin fucking deathcore”, ndr.), probabilmente erroneamente interpretata dalla stampa, ha un po’ smosso le acque. Adesso siete in tour con i System Of A Down. Quindi forse la gente dovrebbe dire la propria più spesso per raggiungere i propri obiettivi?


Si, nel senso… non è stata un’affermazione intenzionale. Non sono stata io a fare questa dichiarazione, ma quello che si voleva dire era che noi siamo qui per fare musica, non per essere una moda passeggera, una di quelle band da spremere per qualche album. Noi ci mettiamo l’anima nel fare quello che facciamo, vogliamo fare musica per davvero, non ci interessa solamente la storia dell’avere successo, fama, fan e denaro. Non è qualcosa che dura, o forse qualche volta sì, alla gente interessa e io posso capirlo, ma non mi interessa, non si tratta di musica “importante”. Quello che voglio è fare musica che sia importante. Prendi i System Of A Down, loro scrivono cose pazzesche ed è shoccante vedere quante persone cercano la loro musica, li seguono in tour. Sono una di quelle band che rispetto veramente tanto. Insomma, c’è differenza tra musica “reale” e musica “fake”…   

 

codeorangeintervinterno

Avete condiviso il palco con band dal calibre di Misfits, Deftones e adesso, appunto, i System Of A Down. Qual è la più grande lezione che avete imparato?

 
Abbiamo imparato un sacco di cose, in primo luogo la professionalità. I modi di stare sul palco, il modo di porti con le persone, su cosa devi concentarti e restare concentrato e focalizzato. Sai, eravamo davvero piccoli quando abbiamo dato vita a questa band, è passato un po’ di tempo e nel frattempo di cose ne abbiamo imparate. Adesso ho 23 anni, ho iniziato che ne avevo 15. L’andare in tour con band che ammiriamo è stato importante per la nostra formazione.

Com’è andato il tour finora?

Direi che è andato alla grande, anche questa sera è stato grandioso. Finora con i System abbiamo suonato per un solo concerto, ma è stato a dir poco strepitoso. Onestamente, non ci aspettavamo chissà quale reazione dalla gente perchè, capisci, non sai mai a che livello ti conoscono e poi anche perchè loro stanno andando a vedere  i System Of A Down… Noi stiamo cercando di dare il massimo, il 100% di noi stessi e va bene così.

 

Facendo un passo indietro e tornando a parlare del vostro ultimo lavoro, ci sono diversi elementi sia elettronici che punk, elementi che fanno la differenza, in termini di sound. Quali sono state, in questo caso, le vostre influenze?  

Beh abbiamo fatto riferimento davvero ad un sacco di roba, sono in difficoltà nello scegliere qualche band in particolare. Potrei dire qualcosa che ho già detto, i Nine Inch Nails per quanto riguarda alcuni elementi più “elettronici” o ancora potrei aggiungere anche i Ministry, perchè no… loro hanno un sound particolare con alcuni aspetti più elettronici coniugati a nuance più hard.


Per quanto riguarda il songwriting, rispetto a “I Am The King”, cos’è cambiato nel vostro approccio adesso che siete al terzo album e soprattutto siete cresciuti e non siete più “bambini” (Precedentemente il nome della band era Code Orange Kids, ndr.)?

Direi che il nostro approccio è cambiato parecchio. C’è molta più attenzione al dettaglio e molti più calcoli intenzionali nel definire le cose. “I Am The King” è stato un lavoro importante, ci abbiamo speso tanto tempo ed energie nel farlo ma con “Forever” è stato completamente diverso. Ci siamo rinchiusi in una stanza, ogni giorno che potevamo, e ci siamo messi a capire come creare ogni singola parte come volevamo esattamente che fosse. Abbiamo davvero impiegato tanto tempo nel fare quest’album. Sapevamo che avevamo del potenziale per fare un lavoro migliore del precedente così come penso sarà anche per il successivo. Sono sicura che ci spenderemo tanto tempo nel farlo e tanta energia, ma sì, tendenzialmente il lavoro è più difficile perchè cerchi di fare sempre meglio.  


Sono abbastanza sicura che lavorare insiere alla Roadrunner ha cambiato un po’ di cose per voi. Qual è la cosa per cui siete più riconoscenti alla vostra nuova etichetta?

Non credo ci sia una cosa in particolare. Ci hanno sempre sostenuto tantissimo. A volte senti di etichette che tendono a cambiare il modo di essere e il sound di una band, cercando di affermare la loro opinione su quella del gruppo quando non sono pienamente d’accordo con questo. La Roadrunner ci ha sempre lasciato fare quello che volevamo fare. Chiediamo sempre la loro opinione e loro rispettono la nostra visione e non cercano di cambiarci. Anzi, loro vogliono che noi siamo noi stessi. Ci danno dei consigli e questo per noi è fondamentale.


E’ troppo presto per chiederti qualcosa circa i vostri piani futuri?

(Ride, ndr). Beh onestamente non ne abbiamo tantissimi ora come ora. Per ora ci godiamo il tour, abbiamo alcuni festival in America, uno a Chicago con i Kiss e Rob Zombie, che sarà davvero pazzesco. Beh, penso che quando avremmo finito, torneremo a casa a scrivere… sì, penso decisamente che sarà così (ride, ndr).

Grazie Reba, questa era l’ultima domanda. Vuoi lasciare un messaggio ai nostril lettori e ai vostri fan italiani?

Grazie a tutti coloro che son venuti a vederci questa sera e non vediamo l’ora di tornare per un altro show!




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