Hardcore Superstar (Jocke Berg)
"Era il 1983, quando stringevo tra le mani "Shout at the Devil" dei Mötley Crüe. Sono corso da mia madre e le ho detto che volevo diventare come loro. Non avevo nemmeno dieci anni. Poi quando iniziammo a suonare davanti a 30.000 persone, mia madre venne da me e mi disse che era orgogliosa di me e che aveva capito a cosa mi riferivo quando, da bambino, le dissi quelle parole mostrandole il disco".
Articolo a cura di Francesco De Sandre - Pubblicata in data: 21/11/13

Durante l’esibizione dei Venrez e dei Buckcherry dello scorso venerdì sera, gli Hardcore Superstar si rilassano nelle stanze a loro assegnate sopra al palco del New Age di Roncade. Dopo un pomeriggio di prove e soundcheck è quindi questo l’unico momento per gli apprezzati svedesi di accogliere la stampa per scambiare qualche opinione. Dopo aver salutato Adde e Martin, impegnati in una bevuta, e Vic, che imperterrito sistema fino all’ultimo i settaggi della propria strumentazione, il tour manager mi introduce a Jocke, che accompagnandomi nell’apposita area interviste, si dimostra subito di ottimo umore:

 

Forza, mettiamoci comodi, ti porto una birra?

 

No, ti ringrazio, dopo devo guidare”.

 

D’accordo (*sorride*) allora due birre per il ragazzo!”

 

Alla fine si opterà per una semplice aranciata, e in un camerino angusto ma molto suggestivo, trasudante di adesivi, graffiti e storia, Jocke sfata il mito che una superficiale opinione sul personaggio andrebbe istantaneamente a costruire. Gli Hardocre Superstar sono ormai degli ospiti fissi sulle pagine di SpazioRock, quindi approfitto della sua cortesia per apparecchiare un incontro simpatico, mentre sotto di noi i Venrez hanno già cominciato a suonare:

 

La prima domanda è in realtà una supidaggine legata ad uno stereotipo: da buon scandinavo, perchè non sei biondo?

 

No dai, è una buona domanda: io sono biondo, o meglio lo sono stato fino ai 22 anni, ed avevo i capelli lunghi fino a qui – dice mentre abbassa la mano all’altezza del ginocchio – poi li ho tagliati e da quel giorno li coloro spesso, o di rosso o di nero. Mia madre si arrabbiò tantissimo, amava i miei capelli da angelo.

 

È fantastico come la mamma di Jocke affiori più volte tra le parole del frontman, come una delle tante prove di dolcezza che di primo impatto nessuno collegherebbe al rocker svedese. Mi piacerebbe davvero molto analizzare la storia di Jocke e scoprire i risvolti più imprevedibili, ma prima di tutto ci sono delle questioni basilari su cui discorrere:

 

Grazie della spiegazione, adesso possiamo parlare di cose serie, anche perchè molti nostri lettori vi seguono tramite il nostro sito. Sono passati diversi mesi dall’uscita dell’ultimo disco “C’mon Take On Me”, puoi già dirmi se avete riscontrato un discreto successo?

 

Devo dire che si, è stato un successo, principalmente per i continui sold out che stiamo facendo in giro per l’europa, ma anche come vendita di CD, nonostante la pirateria informatica”.

 

Da sempre a voi piace cambiare il vostro stile. Nell’ultimo disco personalmente mi aspettavo qualcosa di più energico, come mai tendete sempre a cambiare di album in album?

 

Se ogni disco suonasse nello stesso modo, dove sarebbe la sorpresa per i fans? Quest’ultimo in particolare è stato influenzato dal Grunge e da quello che ci piace ascoltare, come ad esempio gli Stone Temple Pilots. Cambiare sempre spazza via la noia: questo vale per noi ma specialmente per i nostri ascoltatori”.

 

rsz_superst1Poi pronuncio la parola magica: “Tatuaggi”. Improvvisamente Jocke si accende e con discreto orgoglio inizia una accurata presentazione del proprio corpo degna di un critico d’arte:

 

Guardami con attenzione. Questo – dice sollevando il braccio sinistro – è il mio braccio maligno, come puoi notare dal dragone e dai mostri. Mentre quest’altro è il braccio buono, c’è Maria, la madre di Gesù, e qui sulla spalla c’è un demone Giapponese. Non mi ricordo cosa impersonifichi ma ti garantisco che è un dio buono. Poi qui sul polso c’è un cuore, e dietro una croce

 

È la croce di “Appetite for Destruction”!

 

Si (*ride*), potrebbe”. Jocke adora l’inchiostro, e il criterio molto geometrico con cui ha deciso di decorare il proprio corpo è tutto sommato lodevole. Poi alza la gamba e sbatte il piede sul tavolo: “Guarda, ne ho fatto uno nuovo”. Recita “Saints and Sinners”, l’ennesima antitesi artistica.

 

Raccontami di come è iniziata la tua carriera da rockstar.

 

Era il 1983, quando stringevo tra le mani “Shout at the Devil” dei  Mötley Crüe. Prima di “Dr. Feelgood”, prima di “Girls, Girls, Girls”. Il secondo. Sono corso da mia madre e le ho detto che quell’ambiente era il mio e che volevo diventare come loro. Non avevo nemmeno dieci anni. Poi quando iniziammo a suonare davanti a 30.000 persone, mia madre venne da me e mi disse che era orgogliosa e che aveva capito a cosa mi riferivo quando, da bambino, le dissi quelle parole mostrandole il disco”.

 

Adesso hai 39 anni, vivi come un adulto o come un ragazzo?

 

Entrambi. A casa ho i miei bambini, mia moglie. Lei mi dice sempre che per continuare a vivere positivamente, devo pensare come un teenager, trovare sempre qualcosa da fare che mi motivi, quindi nonostante tutte le responsabilità, spero di continuare a vivere così per sempre. Bisogna sempre trovare il bambino che è in noi stessi”.

 

Hai ragione. Quanto positivo è il vostro rapporto coi fans italiani?

 

Magnifico, l’Italia è come una seconda casa per noi. E cerchiamo sempre di essere gentili e disponibili, facciamo spesso delle foto assieme”.

 

Si, vi ho visti prima nel parcheggio. C’è tanta gente anche da fuori regione, sai?

 

È un onore, ma qui dove siamo, cioè, qui siamo al nord?

 

So che è difficile pensare di essere al nord, in Italia, qui siamo nel nord-est. A pochi chilometri da Venezia.

 

Oh  si, questo lo sapevo. Infatti domani mattina andiamo a farci un giro”.

 

Gli Hardcore Superstar turisti a Venezia. Ecco un’altra immagine simpatica che non ci saremmo aspettati da questo incontro. C’è poi un’altra curiosità riguardo un altro membro della band.

 

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La mia collega Mia Frabetti, che ha preparato diverse domande, vorrebbe sapere com’era Adde da ragazzo.

 

Posso rispondere io, Adde era il classico ragazzino iperattivo, e quando abbiamo deciso di fondare il gruppo gli ho suggerito di fare il batterista. Era ed è tutt’ora il più casinaro. Senti, questo è lui!”. E mentre parliamo di lui, dall’altra stanza Adde, caricato a dovere dall’alcool, inizia a cantare qualcosa di incomprensibile ad alta voce. Fenomenale.

 

L’ultima risposta di Jocke è l’ennesima battuta:

 

Se non fossi diventato una rockstar, che lavoro avresti scelto?

 

Ah, sicuramente il poliziotto!” - detto da chi, nell’ultimo disco, ha sfornato il singolo “Above The Law”, non può che far sorridere.

 

Divertente, istruttivo e costruttivo. Questo è Jocke Berg, che sul palco si trasforma in animale, ma che nei momenti di tranquillità sa essere uno splendido interlocutore, senza mai perdere la caratura Rock’n’Roll che lo distingue. 




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