Sebbene si abusi sin troppo del termine supergruppo, nel caso dei Daytona, combo nuovo di zecca, formatosi appena un paio di anni or sono, esso calzerebbe a pennello, visto il curriculum, trascorso e attuale, dei musicisti in gioco (Air Raid, Death Wolf, Eclipse, Miss Behaviour, Osukaru, Sarea, TimeScape). Il fatto, poi, che il quintetto provenga dalla Svezia, conferisce un ulteriore stigma di qualità a un sound, quello proposto nell’album di debutto “Garder La Flamme”, figlio del melodic hard rock più classico, infuso di AOR, di profumi West Coast e del pop di lignaggio, il tutto racchiuso all’interno di una produzione a dir poco definita e cristallina.
Ciò che davvero differenzia gli scandinavi sia dai connazionali Nestor e Remedy sia da una flotta di band dallo stile similare non è soltanto il desiderio di evocare, da amatori con i piedi saldissimi nel mondo odierno, le atmosfere e i suoni degli ’80, bensì di proiettarvisi completamente, lasciando a bagnomaria qualsiasi tentazione di modernità.
Una chiara pulsione rétro, dunque, tradotta per mezzo di un’esperta combinazione di essenze di genere: trionfali armonie vocali, melodie luminose, assoli d’ascia rigogliosi, linee di basso a pompare poderose, tastiere di buon gusto, refrain orecchiabili, groove a manetta, per brani pronti a riempire le arene e a invadere le frequenze FM. Le note del sassofono sintetico regalano un cremoso sapore jazz a “Slave To The Rythm” e un mood notturno a “Downtown” e “Town Of Many Faces”, mentre i mid-tempo “Through The Storm” e la title track quasi chiamano in causa il progressive per articolazione e varietà di suggestioni, con “Welcome To The Real World” e “Looks Like Rain”, invece, a rappresentare il volto immediato, e se vogliamo prevedibile, del lotto.
Le asciutte finiture di “Kelly”, le secrezioni malinconiche di “Time Won’t Wait” e le frizzanti paturnie sentimentali di “Where Did We Lose The Love” completano a dovere una tracklist nella quale il registro medio-alto di un espressivo Fredrik Werner e le rifiniture alla sei corde di Erik Heikne contribuiscono a rendere credibile un materiale che, come spesso accade in questi casi, gioca sul filo dell’arteriosclerotico. E la cura maniacale per gli arrangiamenti non fa altro che rafforzare le difese immunitarie contro le infezioni epidemiche della stucchevolezza.
Con “Garder La Flamme”, i Daytona riescono a conservare intatto il fuoco degli eighties, alimentandolo attraverso la riesumazione attiva dell’eredità di Foreigner e compagnia e senza vergognarsi di vivere spudoratamente nel culto del passato. Un buon esordio, per uno studio project che tale, in realtà, non è.
Tracklist
01. Welcome To The Real World
02. Kelly
03. Through The Storm
94. Downtown
05. Time Won’t Wait
06. Looks Like Rain
07. Town Of Many Faces
08. Slave To The Rhythm
09. Garder La Flamme
10. Where Did We Lose The Love