Per chi ancora non conoscesse i livornesi Sinfonico Honolulu, il consiglio è di osservare la copertina del nuovo album "Thousand Souls Of Revolution" che riprende interamente l'artwork di "London Calling" dei The Clash finanche nella forma e nei colori delle lettere, ma con una sottile, e decisiva, differenza: lo strumento brandito in aria e pronto a piombare al suolo non ha le parvenze del basso di Paul Simonon, bensì le fattezze della chitarra hawaiana. D'altronde, un'orchestra di ben otto ukulele non può non suscitare curiosità, a maggior ragione nel momento in cui i suoi membri decidono di realizzare un disco reinterpretando brani di band simbolo degli eighties, appartenenti principalmente alla liquida galassia post punk (Echo And The Bunnymen, Depeche Mode, Joy Division, The Cure): un'operazione temeraria, che in fin dei conti, però, grazie ad arrangiamenti intelligenti e a un lavoro produttivo di ottima qualità, conferisce alle cover dei pezzi un'inaspettata leggerezza.
L'intenzione dell'ensemble guidato da Steve Sperguenzie risiede, dunque, nel distillare briose sfumature e calore da evergreen non certo celebri per atmosfere sognanti, calandoli in un clima spensierato e divertente: e così, mentre si ascoltano "Personal Jesus" o "Love Will Tear Us Apart", bisogna un attimo resettare il cervello, abbandonare il grigiore di Basildon e Manchester e lasciarsi cullare dalle onde del Pacifico, magari sorseggiando un buon Talisker 57 North. Il mood estivo non cambia neanche quando, tra le canzoni travolte dalla pulce saltellante, troviamo "This Is Not A Love Song", "Caterpillar" e "Killing Moon": un trittico dark che, pur in assenza di particolari stravolgimenti, si avvolge in un'esotica lanugine psichedelica, come se i The Beach Boys flirtassero con i The Byrds durante una sessione notturna negli arcipelaghi tropicali. E laddove in "Oh Oh I Love Her So" viene eviscerata l'originaria matrice rock'n'roll del sound dei Ramones, l'unico sguardo acustico rivolto ai duemila ("Lonely Boy"), si trasforma in un omaggio alle piste da ballo italiane degli anni '60, quando bastava avvicinarsi di pochi centimetri per provare il brivido della trasgressione.
Con "Thousand Souls Of Revolution", i Sinfonico Honolulu si rivolgono a una determinata epoca musicale e ne mutano le coordinate senza tradirne lo spirito, lasciando che la melodia carezzi cordofoni e percussioni: indispensabili sprazzi di luce, soprattutto "when the routine bites hard / and ambitions are low".
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