Kingfisher Sky
Skin Of The Earth

2010, Suburban Records
Prog Rock

Recensione di Alessandra Leoni - Pubblicata in data: 28/01/11

Gli olandesi Kingfisher Sky sono giunti al loro secondo album intitolato "Skin Of The Earth". Amando parecchio quanto fatto dalla scena metal olandese, specie quelle band capitanate da avvenenti cantanti donne, mi addentro in una nuovo viaggio musicale, sperando di non rimanere delusa. E devo dire che una nota di disappunto non mi è certo mancata.


Se in apparenza questo ensemble viene catalogato come progressive metal, da buona amante ed intenditrice del genere, posso dire che questa componente nel loro stile è decisamente presente, ma non in modo così eclatante ed importante come ci si può aspettare - ovviamente, da un punto di vista tecnico, non mi aspetto i Dream Theater con una voce femminile. Sicuramente, si ha anche una certa ingenuità nell'etichettare come progressive tutte quelle band che hanno un minimo di commistione di stili: difatti, questo album presenta delle interessanti influenze folk, come nella suggestiva "Rise From The Flames", o come nella convincente "We Love Our Heroes", con quel rimando un po' delicato e discreto alle terre verdi dell'Irlanda. Altrettanto valida è "Liquid Clocks", che presenta una bella varietà e la sottoscritta reputa tra le migliori composte dal gruppo. Non mancano inserti gothic e più sinfonici, a cui ci hanno ben abituato i numerosi musicisti dei Paesi Bassi. D'altronde, è quasi inevitabile non percorrere le orme lasciate dai Within Temptation (ai quali i Nostri sono imparentati, visto che il leader Ivar de Graaf fu il loro primo batterista), anche perché lo stile etereo e soavissimo adottato dalla brava Judith Rijnveld non può non richiamare la ben più nota Sharon Den Adel, vi basti sentire in "My Better Part" o in "Two Old Trees", che ricorda, seppur lievemente, una ballata dei primi Within Temptation. Ma se col tempo la bravissima Sharon ha saputo cercare una certa varietà ed una certa espressività, Judith cade un po' nella trappola dell'eccessiva omogeneità. Probabilmente, questo ha un po' condizionato ed uniformato anche il risultato complessivo, che pare essere ancora troppo propenso all'imitazione di gruppi connazionali più blasonati, sacrificando proprio la vena progressive e quella folk, che a mio avviso avrebbero portato più frutti e più varietà, se sviluppate a dovere.


Insomma, la sensazione che si abbia già sentito altrove qualche frammento di "Skin Of The Earth" è decisamente netta. Peccato, perché sicuramente questa band ha qualcosa da dire. Tuttavia, la decisionr circa quale cammino continuare ad intraprendere spetta solo ed esclusivamente ai Kingfisher Sky. Certo, si può cercare di essere coraggiosi e diventare personali, o battere sentieri sicuri e scivolare nell'oblio e nell'anonimato, in mezzo a tante band che propongono le stesse cose.





01. Multitude

02. Rise From The Flames

03. The Attic

04. My Better Part

05. Like A Shadow

06. Two Old Trees

07. We Love Our Heroes

08. Mushroom Wall

09. Liquid Clocks

10. One More Day

11. The Edge Of Insanity

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool